Banca Etruria, consulenze d’oro: tutti assolti, anche papà Boschi

Il tribunale di Arezzo ha assolto i 14 imputati a processo perchè "il fatto non sussiste"

Banca Etruria, consulenze d’oro: tutti assolti, anche papà Boschi

Tutti assolti perché “il fatto non sussiste”. Questa la sentenza emessa dal tribunale di Arezzo per i 14 imputati a processo per il crac di Banca Etruria del 2015 nell'ambito del filone di indagine sulle cosiddette consulenze d'oro. Nessuna condanna anche per Pier Luigi Boschi, padre della renziana Maria Elena e all’epoca vice presidente dell’istituto: il pm aveva chiesto il massimo della pena (un anno).

Il verdetto è arrivato al termine della camera di consiglio terminata dopo meno di un’ora, preceduta dalle repliche dell'avvocato di parte civile Lorenza Calvanese. La procura aveva chiesto condanne dagli 8 mesi a un anno nei confronti degli ex consiglieri del consiglio di amministrazione ed ex dirigenti di Banca Etruria per il reato di bancarotta. Il procuratore capo Roberto Rossi ha annunciato di voler proporre appello contro l’assoluzione.

Entrando nel dettaglio della sentenza emessa dal giudice Ada Grignani, l’assoluzione è arrivata per il già citato Pier Luigi Boschi, Alessandro Benocci, Rosanna Bonollo, Claudia Bugno, Daniele Cabiati (ultimo dg di Banca Etruria), Carlo Catanossi, Emanuele Cuccaro (ex vicedirettore dell’istituto), Giovanni Grazzini, Alessandro Liberatori, Luigi Nannipieri, Luciano Nataloni, Anna Maria Nocentini Lapini, Claudio Salini e Ilaria Tosti.

Le consulenze d’oro finite nel mirino della procura aretina erano quelle che vennero affidate per valutare, analizzare e avviare il processo di fusione di Banca Etruria con un istituto di elevato standing. L’operazione di fusione con la Banca Popolare di Vicenza non si concretizzò ma, secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, per sondare le prospettive di tale aggregazione furono affidati incarichi per 4,5 milioni di euro a società del calibro di Medio banca o a rinomati studi legali.

“Una condotta imprudente”, secondo il pool di pubblici ministeri istituito dal procuratore Rossi: in base all’accusa, i vertici di Banca Etruria non avrebbero vigilato sulla redazione delle consulenze, marchiate come “inutili” e “ripetitive”, richieste in un arco temporale compreso tra il giugno e l’ottobre del 2014.

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