"Talvolta i migranti non hanno i soldi per pagare il viaggio che hanno effettuato via terra, né a chi rivolgersi per pagare il viaggio in mare, e allora mi è stato raccontato che queste persone che non possono pagare vengono consegnate a degli egiziani, che li uccidono per prelevarne gli organi e rivenderli in Egitto per una somma di circa 15.000 dollari. In particolare questi egiziani vengono attrezzati per espiantare l’organo e trasportarlo in borse termiche". Anche grazie alla denuncia di Nuredin Atta Wehabrebi, un trafficante di esseri umani che da un anno collabora con la giustizia italiana, la procura di Palermo ha potuto fermare 38 persone accusandole, a vario titolo, di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e altri reati (guarda il video).
Cos i clandestini entravano in Italia
I reati di cui sono accusati sono pesantissimi. Si va dall'associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell'immigrazione clandestina all'esercizio abusivo dell'attività di intermediazione finanziaria, e si arriva all'associazione per delinquere finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti, tutti aggravati dal carattere transnazionale del sodalizio criminoso. Nel corso delle indagini, svolte dalle squadre mobili di Palermo ed Agrigento e dal Servizio centrale operativo, "è stata ricostruita la struttura organizzativa di un pericoloso network criminale e sono stati individuati ingenti flussi di denaro, provento del traffico di migranti". Come spiegano gli stessi investigatori, "è stata individuata la centrale delle transazioni finanziarie effettuate tramite hawala in un esercizio commerciale ubicato a Roma, dove, lo scorso 13 giugno, sono stati sequestrati 526.000 euro e 25.000 dollari in contanti, oltre ad un libro mastro, riportante nominativi di cittadini stranieri ed utenze di riferimento". Le indagini hanno permesso di "evidenziare diverse modalità utilizzate dal sodalizio per far arrivare i migranti sul territorio nazionale, non solo via mare, ma anche tramite falsi ricongiungimenti familiari". "I principali indagati - concludono gli inquirenti - gestivano anche una fiorente attività di traffico internazionale di stupefacente del tipo catha o qat, droga importata dall'Etiopia, inserita per la legislazione italiana tra le droghe pesanti".
Un giro d'affari milionario
Secondo quanto raccontato da Atta Wehabrebi, la cui denuncia è stata pubblicata dal Corriere della Sera, l'organizzazione criminale arrivava a "fatturare" milioni di euro. Nella sola estate del 2015 ha gestito almeno sei sbarchi con cui sono arrivati a Palermo oltre 4.000 immigrati che, dopo la traversata in mare, sono stati aiutati a fuggire dai centri di prima accoglienza. "L’organizzazione opera come un vero e proprio network criminale, con diverse cellule operanti nei territori di riferimento, cui vengono attribuiti compiti specifici e determinati al fine di organizzare i viaggi e favorire così l’ingresso e la permanenza clandestina in Italia dei migranti - spiegano il procuratore di Palermo Franco Lo Voi, l’aggiunto Maurizio Scalia e i sostituti Calogero Ferrara e Claudio Camilleri – in un secondo momento viene organizzata la logistica per il loro allontanamento dal territorio italiano e raggiungere così la meta finale di tali viaggi, in genere un paese del Nord Europa, in cui il migrante raggiunge il suo gruppo familiare o amicale".
I falsi ricongiungimenti familiari
La rete criminale sgominata oggi organizzava anche falsi ricongiungimenti familiari facendo figurare matrimoni inesistenti tra stranieri già legittimamente in Italia e persone con cui non hanno alcun legame. Il costo di ogni falso matrimonio oscilla dai 10mila ai 15mila euro a persona. "Questo - spiegano gli inquirenti - mostra come vi sia una vera e propria distinzione socio-economico anche all’interno del mondo genericamente indicato come quello dei 'migranti'". Dalle indagini è poi emerso che, tappa dopo tappa, i parenti che risiedono all'estero erano chiamati a pagare con il sistema money transfer o con l'hawala, un sorta di sistema informale di trasferimento di valori basato sulle prestazioni e sull'onore di una vasta rete di mediatori. I soldi venivano, poi, raccolti nei negozi legati a questa rete criminale (guarda il video).
Tra questi, secondo le informazioni fornite da Nuredin Atta Wehabrebi, c'erano "un bar a Palermo, in vicolo Santa Rosalia, gestito dall’etiope Sebsidie Tadele, e una profumeria a Roma, in via Volturno, a pochi passi dalla stazione Termini, gestito dall'eritreo Solomon Araya Gebremichael".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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