I contagi non si fermano. I dati sono allarmanti. La Lombardia continua a mietere vittime. Qualcosa non sta funzionando, secondo gli scienziati. Si chiuderà tutto per quindici giorni, annunciava questa notte il premier Giuseppe Conte in una diretta Facebook. E speriamo che funzioni. "La strada per tornare a una vita normale è questa: molti test, tracciamento digitale dei contatti, isolamento rigoroso dei malati e dei sospetti", scrive su Twitter il virologo, Roberto Burioni.
Cita quanto fatto dal governo della Corea del Sud che ha sviluppato una specie di "cabina telefonica" dove poter testare in sicurezza le persone per il coronavirus in soli 7 minuti. Cose che da noi assumono i connotati della fantascienza, o forse no: si può fare. Anzi, si deve fare.
Poi Burioni si sofferma su un altro particolare. Arriva dal Giappone l’ultima presunta promessa farmacologica per contrastare l'epidemia: l’antinfluenzale Avigan (favipiravir), già usato in Cina nel trattamento di pazienti contagiati. La sua effettiva validità, però, divide gli esperti. "Non esistono evidenze scientifiche in merito", ha chiarito all’AdnKronos. Il virologo aveva già sottolineato in un tweet di non fidarsi di alcuni annunci che arrivano dall’estero. "Il farmaco russo, il preparato giapponese, la vitamina C, la pericolosità dell’ibuprofen, i proclami sugli Ace inibitori che i somari scrivono Eca - scriveva l’esperto - hanno una cosa in comune: sono tutte scemenze. Le novità vi arriveranno dalle autorità sanitarie, non dai social o da YouTube". Le autorità cinesi alcuni giorni fa sostenevano che il farmaco nipponico, sviluppato dalla Fujifilm Toyama Chemical, si è dimostrato efficace nel trattamento di pazienti contagiati dal coronavirus.
Il prodotto sarebbe stato utilizzato con successo nel trattamento di 340 pazienti tra Wuhan e Shenzhen. I pazienti a cui è stato somministrato il farmaco sarebbero risultati negativi, in media, a 4 giorni dalla positività. L’emittente Nhk ha riferito che i pazienti non trattati, invece, avrebbero impiegato 11 giorni per arrivare allo stesso risultato. Inoltre, le radiografie avrebbero confermato miglioramenti nelle condizioni polmonari del 91% dei pazienti a cui è stato somministrato il farmaco. La percentuale scende al 62% se si considera chi non ha ricevuto Avigan.
Ci si chiede, inoltre, perché così tanti morti nel nord Italia e soprattutto in Lombardia. A rispondere è un collega di Burioni: Guido Silvestri. Scienziato italiano negli Stati Uniti dove insegna Patologia alla Emory University di Atlanta, dirige la Divisione di Microbiologia e Immunologia allo Yerkes National Primate Research Center ed è membro dell’Emory Vaccine Center. Prova a spiegarlo passando in rassegna le 5 ragioni plausibili: la presenza di molte infezioni non diagnosticate, temperatura e umidità, età avanzata della popolazione, aspetti sociali, sovraccarico delle strutture sanitarie.
E le 4 meno probabili o implausibili: erronea attribuzione di decessi a Covid-19, stato più avanzato della pandemia, inquinamento ambientale, mutazioni genetiche dei virus. Potrebbe essere qualsiasi cosa, viene da pensare. "La mia è un’analisi che contiene più domande che risposte", premette l’esperto, fondatore con il virologo, Roberto Burioni, del patto trasversale per la scienza. Ma la sua diagnosi è utile a ragionare insieme su un dato che è al contempo importante, sorprendente e allarmante: isolare, tracciare, curare.
Si può riassumere così la strategia per ridurre sia la mortalità che la letalità da Covid-19 in Italia, indicata da Silvestri. "Bisogna ridurre il numero dei nuovi contagi, in modo sia generale (isolamento) che mirato (contact tracking). Poi è necessario gestire in modo ottimale le persone che si presentano con malattia respiratoria grave da Covid-19".
Quest’ultimo aspetto passa, necessariamente, per il
potenziamento e la preparazione delle strutture sanitarie. "Due punti la cui importanza non mi stancherò mai di sottolineare", fa sapere Silvestri. Poi conclude ottimista: "Insieme ce la faremo".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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