Dopo il cameriere, la "governante" E tra i corvi forse c’è un cardinale

Dopo l’incontro con gli avvocati, "Paoletto" avrebbe iniziato a collaborare. E l’inchiesta punterebbe su un alto prelato. Spunta il ruolo di una donna

Dopo il cameriere, la "governante"  E tra i corvi forse c’è un cardinale

Roma - Bocche cucite in Vaticano. Le uniche informazioni riguardanti Paolo Gabriele vengono sussurrate a mezza voce e sotto garanzia di anonimato. Difficile quindi dare gran peso all’identikit del maggiordomo che ne viene fuori. Di certo si sa che è un uomo di fede e devoto al Papa e al culto di Santa Faustina. La gran parte delle persone sentite pone comunque l’accento sulla sua ingenuità. Ed è sicuramente qui, anche agli occhi degli inquirenti, la chiave per far luce sui punti più oscuri della vicenda che lo riguarda. Chi lo manovrava? Chi sfruttava la sua devozione per secondi fini? D’altronde il suo forte senso di giustizia lo aveva già portato in passato a un piccolo passo falso, come riportava ieri una fonte anonima raccolta da Andrea Tornielli. «Alcune persone - spiega la fonte - volevano far arrivare al Papa una denuncia su fatti gravi. Per senso di giustizia Gabriele si è prestato. Sbagliando e andando così al di là del suo ruolo». Gli investigatori vaticani guidati dal giudice istruttore Piero Antonio Bonnet stanno controllando anche conti bancari e tabulati telefonici.
Le indagini procedono spedite grazie al fatto che la giurisdizione è vaticana: Gabriele è cittadino vaticano, abita in entro le Mura leonine, e nella sua abitazione sono stati trovati documenti riservati, ancora non protocollati dalla Segreteria di Stato e quindi usciti direttamente dagli appartamenti privati del papa.

L’uomo, cui finora è stato solo contestato il reato di furto aggravato, ha potuto intanto incontrare gli avvocati di fiducia e dopo una prima fase di chiusura nel silenzio più totale - spiegano operatori dell’ambiente giudiziario attivi in Vaticano - starebbe «parlando». Anche questo, oltre agli ulteriori accertamenti svolti dagli inquirenti, potrebbe portare a nuovi sviluppi nelle indagini. Indagini che non escludono «altri atti» e altri attori e i cui tempi, proprio per questo, potrebbero allungarsi. Tutti infatti pensano a possibili complici (o mandanti). Tra cui anche una donna. Laica, sposata e con figli. E cittadina italiana. Un identikit del «corvo rosa» si evince non solo dalla lettura del libro Sua Santità. Le carte segrete di benedetto XVI di Gianluigi Nuzzi ma anche dalle supposizioni lanciate da alcuni organi di stampa. In questo caso una persona fedele, come lo è appunto Gabriele, potrebbe essere ingenuamente caduta vittima delle proprie buone intenzioni e l’ipotesi di un «livello superiore» nella fuga dei documenti si rafforzerebbe. I sospetti toccano anche prelati molto in alto. Altrimenti, fanno notare in più d’uno, perché nominare membri della commissione d’inchiesta dei cardinali, gli unici autorizzati a fare indagini su altri cardinali, e non dei semplici vescovi o presbiteri?

L’unico corvo in gabbia resta comunque «Paoletto». Per lui l’iter giudiziario potrebbe essere veloce. La previsione è di Elisabetta Macrina, docente e avvocato rotale, e la fa sulla scorta della sua esperienza visto che si tratta di uno dei pochi legali abilitati a agire presso il Tribunale vaticano. «La giustizia vaticana - spiega all’Ansa - è molto più veloce di quella italiana. Il processo si risolverà nell’arco di pochi mesi. E penso che per novembre ci sarà la sentenza di terzo grado». L’arresto del maggiordomo di papa Ratzinger ha comunque un precedente. Nel 1969 tre tecnici della centrale vaticana dei telefoni furono arrestati e accusati di furto negli appartamenti papali.

La prima effrazione fu compiuta nell’estate del 1968, mentre il Paolo VI era a Castelgandolfo. E l’anno dopo ci riprovarono, ritenendo di averla fatta franca, ma li arrestarono.

Il processo si tenne nel ’73 e alla condanna seguì il perdono del papa. La notizia trapelò ma fu prontamente smentita dal Vaticano. Della sua veridicità, però, fa fede la pubblicazione della condanna dei tre negli Annali della Santa Sede.

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