Chi soffia sul fuoco e chi ignora il fuoco

Adesso, davvero, il tempo brucia. Non c'è sorpresa davanti alla piazza che grida "Io apro". Non può esserci

Chi soffia sul fuoco e chi ignora il fuoco

Adesso, davvero, il tempo brucia. Non c'è sorpresa davanti alla piazza che grida «Io apro». Non può esserci. Si arriva a un punto in cui in tanti non ce la fanno più. Le parole perdono peso e non bastano. La ragione, la pazienza e il buon senso affogano nella paura e poi arrivano il rancore e la rabbia. Le promesse scadono troppo in fretta. È come un incendio. Parte la scintilla e il fuoco divampa e da lì in poi tutto può accadere. Non è mai facile governare queste cose, perché ogni scelta diventa insidiosa, drammatica e ti ritrovi a pregare sulla direzione del vento. I ristoratori si sono mossi per primi. Non è una protesta ideologica. È umana. Molti di loro, dopo un anno, non hanno più riserve. Non hanno risparmi. Non sanno se si dovranno rassegnare al fallimento. Temono di perdere tutto e, soprattutto, non riescono a immaginare un futuro. Tutto questo fa paura e la paura è un combustibile spietato. Cosa chiedono? Certezze. Draghi sconta il passato e la politica dei «temporeggiatori». Tocca a lui però adesso indicare passo per passo come trovare una via d'uscita. Il tempo ha sempre giocato contro, ora di più. Serve acqua e l'acqua non è una promessa.

Dicono: c'è chi soffia sul fuoco. Vero. Ci sono estremisti infiltrati, c'è Casa Pound che alimenta la protesta. Neppure questa però è una sorpresa. C'è sempre chi scommette sul caos. Il guaio è che l'incendio non lo spegni con l'indignazione. Casa Pound c'è ed è un problema. Non può però essere un alibi, perché così si fa il loro gioco. La parola chiave è consapevolezza. Non facciamo finta che tutto finirà con il tempo. È il contrario. Non ci sono solo i ristoratori con la paura nel ventre. La paura si respira ovunque e in ogni casa c'è almeno una persona che, per qualsiasi motivo, sta sbattendo la testa contro il muro. Dopo i ristoratori arriveranno altri. È un contagio anche questo. Siamo al limite e non serve neppure stare qui a passarsi le colpe.

È quello che per dodici mesi hanno fatto i partiti. Il timore è che si stia pensando al domani fissando il punto sbagliato: il voto. Questa è l'ultima occasione per cambiare lo sguardo. Se va male, le elezioni avranno un risultato scontato: perderemo tutti.

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