La paura serpeggia in corsia: "Ci sarà un nuovo lockdown"

Tra i medici e gli infermieri di Roma corre la paura per il diffondersi del Covid-19. "Abbiamo molti contagiati tra il personale degli ospedali", ci dicono

La paura serpeggia in corsia: "Ci sarà un nuovo lockdown"

"Stai attento perché rischiamo un secondo lockdown". Questo era il pensiero tra i medici ospedalieri di Roma che, già un mesetto fa, avevano previsto ciò che sarebbe potuto succedere. Nel giro di poche settimane, nel Lazio, gli attualmente positivi hanno superato quota 26mila e i pazienti in terapia intensiva sono oltre 160.

“Ci stiamo preparando alla battaglia su Roma. Dobbiamo essere pronti ad affrontare lo scenario peggiore, sempre con la speranza che non si verifichi”, ha dichiarato al Corriere della Sera l’assessore alla Sanità della Regione Lazio, Alessio D’Amato. “Non voglio essere ansiogeno, ma non posso neanche essere confortante. Devo essere realistico e dire le cose come stanno. È vero che stiamo tenendo rispetto ad altre realtà come la Lombardia, il Veneto e la Campania, anche se la nostra rete ospedaliera è sottoposta a un grande stress", ha aggiunto l'assessore che ha ricordato come la Regione sia all'opera per incrementare i posti di degenza. “Oltre ai 2.913 posti letto e ai 532 di terapia intensiva, previsti dall’ordinanza del 21 ottobre, ne verranno aggiunti altri 1.450 per quanto riguarda la degenza e ulteriori 80 di rianimazione”, ha chiosato D'Amato.

Quel che è certo è che la tensione è alta un po’ in tutti i nosocomi della Capitale dove i pronto soccorso pullulano di pazienti con le patologie più diverse. Gli anziani vengono sistemati molto spesso sopra le barelle posizionate nel mezzo della sala d’attesa per svariate ore, in alcuni casi anche per giorni. “L’anziano con la febbre che sta accanto a me non avrà per caso il Covid”, si chiede una signora arrivata in un ospedale del centro di Roma. “Ok, tutti abbiamo la mascherina, ma la donna alla mia destra è troppo vicina a me. E, se fosse asintomatica?”, si domanda un giovane che è arrivato al pronto soccorso dopo essere caduto dal motorino.

"Dovete stare attenti!!! Tanto! Da noi è pieno! In ospedale, molti del personale", ci rivelano a ilGiornale.it i medici e gli infermieri di un noto ospedale pediatrico della Capitale. “Abbiamo dovuto riaprire due reparti Covid e abbiamo già più di 20 pazienti ricoverati di cui 4 intubati”, osserva Filippo, nome di fantasia di un infermiere di uno dei più importanti ospedali di Roma Nord che attualmente si trova in quarantena dopo esser risultato positivo al Covid-19.

“Non so come mi sia ammalato. Una settimana fa quando mi sono svegliato con un po’ di febbre e, dopo qualche giorno, ho cominciato a non sentire più gli odori”, racconta. Dopo qualche giorno, l’operatore sanitario è andato a farsi il tampone nel drive-in di Santa Maria della pietà e, grazie a una collega, riesce sbrigarsela in poco tempo. “Quel che mi ha colpito è che dalla Asl non mi hanno fatto alcuna domanda per rintracciare i miei contatti. Sono stato io a chiamare il medico e i colleghi”, ci dice con un’aria alquanto preoccupata. “In ospedale si avverte un clima di allerta e alcuni miei colleghi sono già stati spostati dalla sala operatoria ai reparti Covid. I medici sono preoccupati che si riverifichi la situazione di marzo perché, anche se il Lazio ha retto abbastanza bene, nei luoghi di cura si è sentito lo stress e la difficoltà di lavorare bardati”, racconta Filippo. A tal proposito Stefano Barone, segretario provinciale di Roma del sindacato NurSind, denuncia: "Si sapeva che avremmo avuto la seconda ondata e, invece di tergiversare il Lazio, sulla base delle criticità emerse in primavera ,doveva farsi trovare pronto. L'assenza totale del monitoraggio del personale sanitario, inoltre, sta causando nuovi focolai all'interno delle singole unità operative soprattutto grazie agli asintomatici che non vengono controllati attraverso i tamponi".

Secondo uno studio condotto dal sito “Eventi e Covid 19” e pubblicato sul Messaggero, nella provincia di Roma ormai esiste la probabilità che, in un gruppo di 10 persone, ci sia almeno un infetto è del 3,8%. Se, invece, a un evento partecipano 25 persone la possibilità di incontrare un contagiato cresce fino al 9,1%. Segno che qualcosa non va, soprattutto nel tracciamento. L’app Immuni è stata un fiasco in tutta Italia e, nel Lazio, è stata scaricata solo dal 14,9% dei residenti.

Persino Filippo, da sempre molto scettico sulla sua utilità, ha deciso di non usare Immuni: “Per attivarla bisogna avere sempre il bluetooth acceso ed è una cosa che non farei mai sia per motivi di salute sia per non avere la batteria scarica. E, poi, quanti sono gli italiani che hanno il bluetooth sempre attivo?”.

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