H a riscattato una vita da commedia all'italiana con una morte eroica, resiliente, ispirata al suo idolo Bobby Sands. Dell'attivista nordirlandese che finì i suoi giorni nel 1981 a 27 anni da repubblicano morto di fame in un carcere della corona per protesta contro il rifiuto di Londra di riconoscere lui e gli altri militanti dell'Ira come prigionieri politici e non come terroristi, Salvatore Meloni detto Doddore aveva una biografia sul comodino della sua cella. O forse per terra, perché chissà se aveva un comodino o un qualche tipo di mensola. Su di lui Doddore aveva modellato l'ultima parte della sua vita in una sorta di mimesi da indipendentisti, da anime sottili e senza pace: gli aveva dedicato una baia dell'isola di Malu Entu, lo scorso 5 maggio aveva preteso che venisse celebrata nel carcere oristanese di Massama una messa in suo suffragio.
È morto ieri anche lui in carcere, a Uta, vicino Cagliari, anche lui di fame, anche lui convinto di essere un perseguitato politico, Meloni, di anni 74 trascorsi quasi tutti in direzione ostinata e contraria. Il suo sciopero della fame è durato 66 giorni come quello di Sands, ed era iniziato il 28 aprile quando era stato arrestato con la bandiera dei quattro mori in mano per un cumulo di condanne per reati fiscali, venticinque in totale, che lui contestava, autonominandosi martire: «Si tratta di condanne ingiuste frutto della persecuzione giudiziaria scatenata nei miei confronti nel 2008».
Il 2008 è l'anno di svolta della vita di Meloni, nato a Ittiri in provincia di Sassari il 4 maggio 1943, di professione autotrasportatore, ma indipendentista per vocazione. Nell'estate di quell'anno Meloni si mise in testa di far riconoscere l'isola di Malu Entu (in italiano Mal di Ventre) quale Repubblica indipendente, appellandosi all'autodeterminazione dei popoli sancita dalle Nazioni Unite. Che poi questo popolo fosse un gruppo di scappati di casa aderenti al Paris (Partidu indipendentista sardu, simbolo quattro mori che pendevano come olive da un lugubre albero stilizzato) accampati come boy scout in una cala dell'isoletta poco sarebbe dovuto importare ai soloni del Palazzo di vetro.
Meloni era un indipendentista coi baffi, sospeso tra opera e operetta. Negli anni Ottanta era stato condannato a nove anni di reclusione perché nel suo appartamento di Terralba, nell'oristanese, gli avevano trovato dell'esplosivo con cui avrebbe dovuto fare strada a un presunto golpe indipendentista. Fu accusato di avere colpito la sede cagliaritana della Tirrenia, la compagnia di navigazione da lui detestata perché collegava la sua Sardegna a quella fastidiosa appendice chiamata «continente».
Doddore era quella cosa là. Un omone velleitario e pasticcione, che pur di portare avanti il suo sogno di una Sardegna «libera e una» si comprometteva con i più strani personaggi. Come i separatisti veneti e lombardi con cui si sarebbe alleato qualche anno fa in quella che la magistratura sopravvalutava niente di meno come «associazione eversiva dell'ordine democratico».
In Italia farsa e tragedia vanno sempre a braccetto e fu così che, quando il pubbli ministero propose di archiviare la posizione di quell'anziano mai domo all'ombra dei suoi baffi nel frattempo ingialliti, Doddore ebbe un sussulto d'orgoglio e pretese di andare a giudizio perché la storia facesse giustizia e gli ritagliasse la silhouette di un perseguitato, di un uomo spiato, incompreso, mai libero. Alla fine in carcere ci è finito in tutti i sensi, quel giorno di fine aprile in cui mangiò per l'ultima volta. Ci sono casi in cui la tragedia si rivela più testarda della farsa.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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