Un altro momento storico di questo pontificato: durante la mattinata di oggi, papa Francesco ha recitato il Padre Nostro in lingua araba dinanzi all'altare della confessione, presso la basilica di San Pietro. Un'occasione solenne per manifestare vicinanza al popolo libanese, che sta affrontando un momento storico forse unico dalla fondazione dello Stato che si affaccia sul mar Mediterraneo ad oggi.
Jorge Mario Bergoglio ha voluto organizzare una vera e propria giornata ad hoc. Il fine è duplice: pregare sì, ma anche riflettere su quanto sta avvenendo in Libano, con lo sguardo fermo su una soluzione che possa essere condivisa da più attori. Nel corso di queste ore, in Vaticano sono arrivati numerosi esponenti delle chiese libanesi e non solo: sull'iniziativa spira un vento ecumenico, com'è prassi dall'elezione sul soglio di Pietro dell'ex arcivescovo di Buenos Aires. Da sottolineare, ad esempio, è pure la presenza dei patriarchi orientali. Non che prima dell'avvento di Bergoglio l'ecumenismo non fosse centrale, ma il dialogo interreligioso ha assunto un significato maggiore, se possibile, proprio da quando i cardinali hanno optato per il primo pontefice gesuita della storia della Chiesa cattolica. E i gesti simbolici, come quelli pratici, aiutano.
Il fatto che il Papa abbia scelto l'arabo per recitare il Padre Nostro non deve stupire: l'odierno vescovo di Roma ha fatto della dialettica tra culture, identità e religioni differenti una costante della sua azione e di quella delle istituzioni ecclesiastiche che guida. L'iniziativa si concluderà appunto con una preghiera ecumenica. Un altro momento connotato da un profondo significato che - come riportato dall'Adnkronos - dovrebbe essere previsto per le 18 di oggi.
Il dramma della povertà per i cristiani libanesi
La situazione dei cristiani libanesi è drammatica. Come abbiamo raccontato attraverso questa intervista al vescovo Matthias Charles Mrad, la parola che aleggia da quella parte del mondo è "scomparsa". L'altro termine, quello che forse è in grado di descrivere meglio quale sia lo scenario per cui papa Francesco ha scelto di accendere i riflettori sul Libano, è caos. La terza espressione in grado di descrivere il quadro di fondo è instabilità politico-sociale. La pandemia ci ha messo del suo. La nazione libanese, ad oggi, è priva di un esecutivo. E questo avviene mentre tutti i fondamentali economici dimostrano di non reggere al clima innescatosi, con la povertà che si allarga a macchia d'olio, rendendo tragico un contesto già avvolto da numerose difficoltà. E il Libano è la nazione all'interno della quale risiede il maggior numero di arabi-cristiani del globo terrestre.
L'ex arcivescovo di Buenos Aires, per mezzo degli interventi pubblici di questa settimana, ha insistito molto sul concetto di "bene comune": vale anche per il Libano, dove le autorità internazionali vengono in qualche modo richiamate alle loro responsabilità mediante la giornata odierna. Un elemento capace di far comprendere il contesto: stando a quanto riportato poco fa dall'Unicef, come racconta l'agenzia Nova, più del 70% della popolazione libanese non è in grado di poter garantire cibo per la propria prole. Un dato che spiega bene la rilevanza di una crisi che coinvolge anche tantissimi cristiani che risiedono nella Repubblica Libanese.
Dall'esplosione del porto di Beirut in poi, attorno al quale dimoravano e dimorano soprattutto persone che professano la religione cristiana, tutto è stato sottoposto ad una sorta di effetto domino. Tra proteste di piazza, difficoltà geopolitiche e difformità economiche tra fasce di popolazione, un'inversione di tendenza sembra alla base delle speranze vaticane. La diplomazia della Santa Sede è anche al lavoro per comprendere se una dichiarazione di neutralità possa effettivamente coadiuvare il processo di pace e stabilizzazione del quadro politico. Secondo quanto trapelato in questi minuti, la segreteria di Stato starebbe riflettendo sulla mossa giusta da sostenere. Comunque sia, l'obiettivo da raggiungere per la Santa Sede non può che essere la pace, come lo stesso papa Francesco ha ribadito, con la necessità della giornata di preghiera e riflessione che si svolge oggi.
Il Libano, del resto, può essere considerata una di quelle "periferie economico-esistenziali" su cui il vescovo di Roma ha investito
gran parte del suo messaggio di vertice della Chiesa cattolica. Un mondo - quello contemporaneo - dove per Francesco le risorse economiche andrebbero distribuite secondo criteri nuovi, tutti tendenti alla giustizia sociale.
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