Libano, il dolore dei cristiani: "Scompariremo, ci portano via le case"

L'esplosione che ha devastato Beirut ha ferito la comunità cristiana. Il Vescovo Mrad dei siri cattolici lancia l'allarme

Libano, il dolore dei cristiani: "Scompariremo, ci portano via le case"

Beirut dopo l'esplosione piange ancora i suoi morti e conta i danni. Innumerevoli vista la portata di una deflagrazione che ha devastato non solo il porto, ma anche tutti i quartieri colpiti dall'onda d'urto. Uno scenario di guerra che ha squarciato la capitale libanese ma anche la realtà di un Paese che è da sempre un delicatissimo mosaico di confessioni religiose, ideologie e sensibilità, e che adesso si confronta con i suoi problemi più profondi: il primo dei quali è come sopravvivere. Perché quel Libano che fino a pochi decenni fa era considerato un gioiello del Medio Oriente, oggi rischia di rimanere definitivamente sepolto sotto le macerie di Beirut.

In questo ecosistema delicato e prezioso incastonato tra Oriente e Mediterraneo, i cristiani soffrono una condizione particolare. L'integrazione è stata da sempre uno dei punti di forza del Libano, ma i cristiani di tutte le confessioni sanno anche cosa significa sopravvivere, specialmente se circondati da popolazioni di confessioni diverse. E oggi, dopo il disastro, la parole d'ordine è proprio "sopravvivere", provando anche a rinascere. Una realtà che conosce bene il vescovo Matthias Charles Mrad, Vicario Patriarcale dell’Eparchia di Beirut dei siri cattolici, che alla testimonianza di fede unisce anche un forte spirito di lotta per un Libano che finalmente sia in grado di risollevarsi.

Eminenza, qual è attualmente la situazione in Libano dopo l'esplosione?
La situazione del Libano adesso sembra tranquilla. Sicuramente più tranquille delle ore e dei giorni immediatamente successivi all'esplosione, ma quello che sta vivendo il Paese è drammatico. La crisi economica e politica è terribile e sul Libano si è concentrata una miscela esplosiva: prima le proteste, poi il coronavirus, ora Beirut devastata. Una crisi che sta colpendo il Libano al suo interno, il suo popolo, che va ricostruito prima ancora delle macerie. Lo Stato è ormai fallito, la politica è assente, e la popolazione è sola e dilaniata: la ricostruzione va iniziata proprio dagli uomini.

Come è stata colpita la comunità cristiana da questa esplosione?
I cristiani di Beirut sono tra i più danneggiati da ciò che è successo al porto. Tutte le zone limitrofe erano abitata dai cristiani ed erano i quartieri con una più alta presenza di cittadini di religione cristiana. Ora le chiese sono distrutte, le case in molti casi sono state spazzate via dall'onda d'urto. Un danno enorme cui si aggiunge un effetto molto pericoloso: i musulmani più abbienti comprano le case distrutte perché sono gli unici che hanno ancora soldi per ricostruirle. E chi ha perso tutto è costretti a vendere le proprie case e ad andarsene. Col tempo quei quartieri rischiano di non avere più cristiani. E per questo la Chiesa sta chiedendo allo Stato di intervenire per evitare questo processo che può provocare una diaspora: i cristiani stanno scomparendo.

Oggi i cristiani in Libano che ruolo possono avere?
Possono avere un ruolo importantissimo. I cristiani vogliono vivere, come vuole vivere il popolo libanese. Le scuole e gli ospedali cristiani sono fondamentali per la società libanese e sono utilizzati dai cittadini di qualunque religione. Ma oggi i giovani che vogliono un Libano migliore, tra cui tantissimi cristiani, pensano che sia meglio andarsene. I giovani che emigrano sono tantissimi e i partiti cristiani ormai non rappresentano più i sentimenti di questa fascia di popolazione. Sono partiti legati ad altri Stati, molto spesso in affari con Paesi in guerra tra loro. E portano questa guerra anche in seno alla loro comunità.

In questo senso, la comunità internazionale può essere importante...
Certamente, ma dipende dai singoli Paesi. Ormai la popolazione è talmente stanca che si affida all'esterno: Arabia Saudita, Iran, ma anche Paesi europei. Quando Emmanuel Macron è arrivato a Beirut dopo l'incidente al porto, la gente chiedeva ai francesi di tornare in Libano e riprendersi il Paese per farlo rinascere. Questo per far capire come ormai le persone si sentano completamente prive di una speranza dall'interno del Libano.

Se questo è il quadro, come può rinascere il Libano?
Sicuramente serve tempo e molta pazienza. Il declino del Libano e la sua distruzione dall'interno sono iniziati molto tempo fa e non basterà certo un'elezione o un breve periodo per cambiare le cose. Ci vorranno anni, come del resto anni sono serviti a minare il Paese. Purtroppo la classe politica ha fallito, non ha a cuore il futuro del Libano e le proteste in un anno non hanno cambiato nulla. Serve ma tempo, ripeto, ma bisogna partire dall'uomo: è da lì che inizia la ricostruzione.

ilGiornale.it ha deciso di lanciare una raccolta fondi per aiutare il popolo libanese. Chi è interessato a sostenere l’iniziativa può inviare una donazione tramite le coordinate che segnaliamo di seguito:

LB17007500000001140A72559800

Causale: L'Italia per il Libano
Nome del titolare: Charles Georges Mrad
Nome della banca: Bank of Beirut
Indirizzo: Bob - Palais de Justice Branch
SWIFT: BABELBBE

Oppure, con la stessa causale:

VA35001000000048616001
Nome del titolare: Chiesa S. Maria in Campo Marzio
Conto: 48616001
BIC: IOPRVAVX o IOPRVAVXXXX

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