Mentre le grandi aziende farmaceutiche aggiornano il vaccino anti-Covid per la variante Omicron, ci si interroga sulla possibilità che, dalla primavera, si possa ricorrere alla quarta dose per proteggere meglio il nostro sistema immunitario con un ulteriore richiamo anticorpale. Sarà proprio così? A provare a fare chiarezza è il professor Guido Rasi, consulente del Commissario Figliuolo oltre ad essere immunologo dell’Università Tor Vergata di Roma ed ex direttore dell’Agenzia europea per i medicinali. Alla domanda di Repubblica se sta per arrivare l'ora della quarta dose, afferma che "non ha senso mantenere il sistema immunitario continuamente attivato. Abbiamo una memoria che ci aiuta anche quando gli anticorpi calano. Forse non sarà in grado di evitare l’infezione, ma la malattia grave sì". Ecco perché, per il futuro, sarebbe meglio "elaborare una nuova risposta, più strutturata, piuttosto che continuare a organizzare vaccinazioni di massa in regime di emergenza".
"La terza dose ci sta difendendo"
La variante Omicron ha "sparigliato" le carte: la maggior infettività di questo virus ha reso necessario il booster di richiamo che "ci sta difendendo" e l'Italia ha risposto presente con quasi 27 milioni di richiami vaccinali da novembre. L'immunologo spiega che la terza dose, a differenza della quarta, ha una motivazione molto forte. "Sappiamo bene dai vaccini che usiamo tradizionalmente che tre dosi consolidano la risposta della memoria immunitaria, e la realtà ce lo sta confermando". La quarta dose, che al momento pone più interrogativi che certezze, sarà comunque consigliata "alle persone immunocompromesse, ai pazienti oncologici, a chi ha una riduzione rapida degli anticorpi perché è in dialisi", sottolinea Rasi.
Cosa succede in Israele
Israele è la prima nazione al mondo che già da due settimane sta somministrando il quarto richiamo vaccinale ad iniziare da quella fetta di popolazione che ne ha più bisogno tant'è che viene considerata una pratica "sicura" anche se "non è scontato che una stimolazione continua e ripetuta dopo un po' non crei problemi al sistema immunitario. In ogni caso non possiamo andare avanti con campagne vaccinali di massa ogni pochi mesi. Non è sostenibile".
La "memoria" delle cellule
Il professor Rasi rassicura sul fatto che, nonostante la protezione degli anticorpi diminiuisca con il trascorrere dei mesi, "non torniamo mai al punto di partenza" perché "la memoria immunitaria, la risposta cellulare, restano attive ancora oggi. È per questo che ci possiamo contagiare, ma ci ammaliamo meno". Questa memoria è "costruita" dalle cellule T verso le quali sono indirizzati la maggior parte degli studi, per comprendere in modo definitivo se il nostro organismo "ricorderà" il virus anche a lungo termine senza bisogno di fare richiami vaccinali ogni sei mesi o un anno.
Quando Rasi parla di risposta strutturata, si riferisce anche ai mezzi tramite i quali combattere il Covid nel prossimo futuro: una soluzione potrebbe essere rappresentata dai vaccini spray "che producano un’immunità nelle mucose
dell’apparato respiratorio o che siano facili da prendere, ad esempio per via orale come avviene con la polio. Oppure vaccini che riconoscano altre proteine del virus, più stabili della spike che muta rapidamente", conclude.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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