Dopo che per settimane si era data per scontata una facile ripartenza dell'economia italiana al termine dell'emergenza Coronavirus, ora da più parti (si è espresso in tal senso pure Luca Zaia) vengono avanzate perplessità al riguardo. È vero che dopo la Seconda guerra mondiale l'Italia era in ginocchio e che nel quindicennio successivo si è assistito a un boom strabiliante, ma è egualmente chiaro che la società attuale è ingessata, mentre allora non era così. Risorgere, per questo, non sarà facile.
Allo scopo di cogliere le difficoltà del presente basta paragonare la situazione italiana a quella degli Stati Uniti, perché negli States un rilancio impetuoso può essere dato quasi per scontato. Le ragioni che ostacolano l'Italia e favoriscono gli Usa sono numerose.
Innanzitutto, il nostro livello della tassazione è troppo alto, e molto superiore a quello americano. Con questa imposizione fiscale (qualcosa che nel 1945 non era neppure immaginabile) è da ingenui ritenere che aziende rimaste bloccate per due mesi possano rimettersi in modo senza problemi.
Oltre a ciò, il sistema delle regole in Italia è talmente barocco che chiunque voglia intraprendere finisce per sbattere contro un autentico muro di permessi, carte, uffici e via dicendo. Nel Belpaese non è pensabile che uno straniero che si trasferisce da noi in quattro mesi acquisti un'autovettura usata per poi rivenderla prima di andarsene; negli Stati Uniti, invece, è possibile. Ma oltre Atlantico non c'è nulla di simile al Pra e ad altri apparati burocratici.
Infine, ed è questo un punto cruciale, gli Usa traggono costantemente beneficio da una forma federale che permette alle imprese, ad esempio, di lasciare un'area per un'altra ogni qual volta l'imposizione fiscale e l'oppressione normativa superano un certo livello. Succede così che se la California adotta politiche avverse alla libera impresa, se ne avvantaggia il Texas. Solo poche settimane fa Elon Musk ha lasciato intendere che la Tesla avrebbe lasciato la baia di San Francisco se alcune misure non fossero state ritirate. In tal modo, il federalismo americano favorisce una positiva competizione tra sistemi: a beneficio dell'economia nel suo insieme.
Con tutti i suoi limiti, gli Stati Uniti rimangono quindi un Paese in cui avviare un'attività è semplice, perché è anche facile licenziare quando lo si deve fare e, di conseguenza, è pure agevole trovare un lavoro. In questi giorni il numero dei disoccupati è salito a livelli altissimi e ha raggiunto i 40 milioni (in ragione, soprattutto, di un generoso welfare che dà 800 dollari a settimana a quanti restano a casa), ma tutti sanno che presto le cose torneranno alla normalità.
Da noi, dobbiamo riconoscerlo, il problema è proprio rappresentato dalla normalità a cui ci
siamo abituati nei decenni. Il virus ha solo accentuato uno stato comatoso che dura da tempo. Sarebbe importante riuscire a sfruttare la crisi per ripensarci, ma è ingenuo attendersi tutto questo da tale classe politica.
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