La Regione Lazio è arrivata a vaccinare la mia classe d'età, il 1949. Le vaccinazioni sono riprese a pieno ritmo, anche con AstraZeneca. Ieri si sono vaccinati i commissari, il generale Figliuolo e Curcio della Protezione Civile, anticipando il loro turno anagrafico, per sottolineare la fiducia che hanno in un vaccino ampiamente tartassato, senza motivi sufficienti. E anche il presidente Draghi ha annunciato che si vaccinerà con AstraZeneca.
Tutto a posto? Non proprio. Era assolutamente chiaro che la gestione del Covid sarebbe stata una guerra per la supremazia mondiale, politica ed economica. È proprio così, sotto i nostri occhi, anche se molti preferiscono non vedere, ma è altrettanto evidente che il dopoguerra sarà dominato da una feroce supremazia dei vaccini. Chi vaccina di più conquista territori, oltre che potere economico, e domina il mondo. Se analizzate le tabelle internazionali, troverete molto in alto nelle classifiche due Paesi inaspettati: il Cile e il Marocco. Hanno compiuto un balzo in avanti grazie ai vaccini cinesi (addirittura, il Marocco ha una licenza da subproduttore per il Nord Africa): è la diplomazia dei vaccini, che va fortissimo in tutto l'Est Asiatico e in Medio Oriente. Questi due anni cambieranno il mondo, cerchiamo di ricordare le tappe principali per quando li racconteremo a mente fredda. È più che mai vero che un battito d'ali di un pipistrello (morto, in provetta) a Wuhan, può provocare un terremoto in tutto il mondo. E la delegazione cinese ai colloqui in Alaska sbatte in faccia agli Usa la realtà: non siete più voi i più forti del mondo e dovete stare buoni, mentre ci riprendiamo Taiwan.
Ma per noi - italiani ed europei - non si tratta di aggiornare le analisi di geopolitica, perché nella guerra tra i vasi di ferro rischiamo di diventare il vaso di coccio. Dobbiamo organizzarci per difenderci, come Europa e come singoli Paesi. Per questo motivo, nella sua conferenza stampa dopo un agitato Consiglio dei ministri, Mario Draghi mi ha convinto, pienamente. Serio, misurato, concreto, ha fornito cifre e date per i prossimi interventi, non fumosa propaganda, come il suo predecessore che, per mettere assieme anime diverse della maggioranza, si rifugiava spesso nell'autocelebrazione propagandistica. No, il presidente è stato chiaro e netto anche sui temi più scabrosi che in precedenza erano stati oggetto di polemiche.
Tre concetti chiave hanno colpito: 1) è un anno in cui lo Stato dovrà dare ai cittadini, non prendere; 2) le critiche alle decisioni vaccinali europee sarebbe stato meglio farle prima; 3) se l'Europa non riuscisse a fare bene, anche noi come la Merkel faremo da soli. Poca roba? Al contrario, moltissimo perché, pronunciato da Draghi, anche l'impegno economico per l'8 aprile sembra molto concreto: una svolta rispetto ai predecessori. E anche più importante l'osservazione sulla raccolta fiscale: se siamo arrivati ad un milione di cartelle inesigibili, lo Stato deve cambiare sistema. Sacrosanto.
Ma è sui vaccini che si è vista la differenza di ragionamento e di passo, perché è su questo tema che si combatterà davvero e non per poche settimane. Perché dopo una prima immunità di massa, ce ne vorrà un'altra tra sei mesi e un'altra ancora. Draghi non si è rifugiato nelle critiche di metodo all'Ema, ha fatto capire chiaramente che la decisione è partita dagli Stati, ma anche che, se noi non avessimo bloccato Astrazeneca assieme agli altri, sarebbe stato anche maggiore il panico. Però ha anticipato che userà quel vaccino: buona risposta agli esagerati e ingiustificati timori diffusi nell'opinione pubblica.
Il tema è controverso, ma in molti sostengono che, oltre ad una pandemia, siamo in presenza di una infodemia, un fenomeno che pervade l'informazione. Si è certamente esagerato, basta citare questo titolo realmente pubblicato: «Taranto, muore investito da un bus: era appena uscita dall'ambulatorio dove aveva fatto il vaccino». Ma si potrebbe citare di peggio, per la campagna diffamatoria su AstraZeneca, con dati reali risibili: la verità è che oggi tutte le guerre sono combattute, anche più di prima, con un contributo volontario e anche oggettivo di un'informazione priva di autocontrollo. Sia perché i mezzi digitali dominano in assoluto e in alcuni casi sono parte in causa, da una parte o dall'altra; sia perché troppi giornalisti (non me ne vogliano) sono diventati di rame, un metallo prezioso per condurre elettricità, ma in sé inerte e incapace di produrre impulsi.
È evidente la battaglia e la concorrenza economica, è molto più oscuro il perché l'Europa abbia rinunciato ad un vaccino proprio, pur avendo investito una enorme massa di risorse finanziarie ed avendo a disposizione un'industria farmaceutica di eccellenza. Lo capiremo più avanti, intanto Draghi sembra avere molto chiaro che l'Italia deve poter prendere le sue decisioni.
Non soltanto sostiene la Merkel sul suo ragionamento a proposito del vaccino Sputnik (se funziona, va provato), ma ha lanciato da tempo il messaggio: se necessario, per proteggere gli italiani, possiamo produrre noi. Ecco, la guerra del virus e dei vaccini prosegue, ancora più feroce, ma noi almeno siamo guidati bene in battaglia.
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