Fratelli Mattei, i ragazzi oltre la targa

Chi erano Stefano e Virgilio Mattei e perché vanno ricordati. Ce lo racconta Giampaolo, uno dei fratelli, a 48 anni dalla loro morte nel Rogo di Primavalle

Fratelli Mattei, i ragazzi oltre la targa

Lo scorso mese di gennaio in Regione Lazio, l'aula del consiglio ha approvato un ordine del giorno che impegna il presidente della Giunta Nicola Zingaretti ad attivare le procedure per la realizzazione di un murales dedicato ai fratelli Stefano e Virgilio Mattei, morti la notte del 16 aprile del 1973, in quello che conosciamo come rogo di Primavalle.

La violenza, di matrice politica, fu ad opera di alcuni esponenti di Potere operaio, movimento aderente alla sinistra extraparlamentare.

L'opera muraria dovrebbe nascere su una parete, proprio davanti quella che era la casa dei Mattei in via Bernardo da Bibbiena.

Quella notte, tutti riuscirono a mettersi in salvo tranne Virgilio e Stefano, rispettivamente di 22 e 8 anni, morti carbonizzati all’interno della loro casa data alle fiamme.

Abbiamo incontrato uno dei fratelli Mattei, Giampaolo, che insieme a sua sorella Lucia, porta avanti l’associazione "Fratelli Mattei" con la quale, periodicamente, organizzano percorsi della memoria e incontri formativi con le scuole.

A Giampaolo e Lucia non interessa che i loro fratelli vengano ricordati con una targa o un murales, a loro importa, così come avrebbe voluto anche la loro madre, che Stefano e Virgilio trovino il loro giusto posto nella storia della città.

“Molte iniziative però, non seguono questo percorso – dice Giampaolo – anzi, le trovo ghettizzanti, strumentali e puerili per certi versi”.

Ma chi erano Stefano e Virgilio? Per conoscere la loro storia e capire chi fossero, occorre dapprima capire chi era la famiglia Mattei: una famiglia umile, proletaria che abitava in quartiere, Primavalle, che in quegli anni non è come lo conosciamo oggi. Era un quartiere degradato e piuttosto isolato dal resto della città, tant’è che per raggiungere il centro d Roma quando c’era lo sciopero dei mezzi, si doveva ricorrere alle camionette della polizia o dell’esercito. Origini umili, di cui i fratelli Giampaolo e Lucia vanno fieri: “Siamo orgogliosi di appartenere a questa estrazione che è certamente modesta rispetto a quella degli assassini dei miei fratelli. Qui a Primavalle – continua Mattei – non c’erano le case che vediamo oggi. C’erano baracche, case fatte in legno. Oggi le chiamano ‘case ecologiche’, ma all’epoca erano case di sopravvivenza, di povera gente che tirava a campare e non aveva soldi per mettere un tozzo di pane a tavola ogni giorno”.

Dunque, non una famiglia benestante e agiata, ma persone normalissime. Eppure, la rivendicazione dell’attacco che ha visto morire i due ragazzi, arriva dalla "Brigata Tanas", dalla cosiddetta "giustizia proletaria" che lasciò lì sul luogo del rogo un cartello che inneggiava alla morte dei fascisti.

“Già da allora era evidente che fosse tutta una strumentalizzazione politica, un progetto politico che esiste ancora oggi. Si è passati dal dire che uccidere un fascista non è reato, all’atto pratico. E lo abbiamo visto con le sentenze, compresa quella definitiva”, Giampaolo Mattei lamenta di essere stato sempre ghettizzato con la sua famiglia solo perché vicino al Movimento sociale italiano che, per un rigurgito della resistenza, venivano percepiti come fascisti da abbattere: “Mio padre era un ex repubblichino, è stato prigioniero per quattro anni, torturato dagli americani perché non collaboratore. Non ha mai tradito le sue idee e ha insegnato la stessa cosa a noi figli, mai tradire idee, valori e famiglia e noi cerchiamo, per quello che possiamo, di portarlo avanti”.

Giampaolo è cresciuto conoscendo suo fratello Virgilio attraverso i racconti dei suoi genitori e di chi lo ha vissuto: in molti lo hanno avvicinato dicendogli di aver conosciuto suo fratello Virgilio, ma nella maggior parte dei casi non era vero, poiché si trattava di persone nate poco prima o addirittura dopo il 1973: “E' imbarazzante, ma è anche bello vedere gente che si interessa alla nostra storia e che vuole comprenderla per quella che realmente è: Stefano era un ragazzino e Virgilio non faceva parte di nessuna corrente estremista. Non faceva parte di Ordine nuovo, non faceva parte di Avanguardia nazionale. Virgilio faceva solamente parte dei Volontari nazionali sotto il comando di Giorgio Almirante e chi conosce la storia del Movimento sociale italiano, conosce benissimo la differenza culturale all’interno del movimento, di queste tre fazioni. Io sono almirantiano oggi, perché mio padre me lo ha insegnato e perché l’ho vissuto sia nel privato che a livello pubblico. Quando oggi sento parlare di Stefano e Virgilio con l’etichetta di alcune ideologie, mi viene da sorridere ma lo accettiamo. Lo accettiamo perché la storia di Stefano e Virgilio è pubblica, anche se possiamo esprimere il nostro dissenso rispetto a certe azioni che non portano a nulla”.

A tal proposito, Mattei ricorda un episodio avvenuto poco prima del lockdown. Era lì, in via Bibbiena con una scuola a ricordare i suoi fratelli, quando una residente di passaggio, sbotta per l’ennesima manifestazione blaterando che i Mattei avevano fatto tutto da soli: “Avrei preferito che avesse detto che i miei fratelli dovevano essere uccisi per un qualche motivo e che lo avesse argomentato, anche per rispetto degli studenti che si trovavano lì. Questo – dice Mattei – è un quartiere ancora chiuso agli anni Settanta, in cui si annida il pregiudizio ideologico e in cui vi è poca voglia di conoscere come sono andate le cose. Questo è dovuto alla politica locale e a chi fa politica locale”.

Per Giampaolo e Lucia Mattei la gente deve capire che Stefano e Virgilio sono stati ammazzati, assassinati e non perché fosse giusto uccidere dei "fascisti". Il compito di Giampaolo e Lucia è far capire che Stefano e Virgilio erano due ragazzi che oggi non ci sono più, ai quali è stata strappata la vita, il futuro, la possibilità di farsi una famiglia e di commettere degli errori come tutti: “Questo è quello che facciamo con la nostra associazione, sensibilizziamo e facciamo attività sociali e solidali.

Non mettiamo sempre in ballo la storia di Stefano e Virgilio, ma la nostra storia, perché loro si rispecchiano in noi e nel nostro quotidiano. Sono questi Stefano e Virgilio – conclude – la nostra cultura, la nostra dignità”.

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