Il giallo della tela di Van Gogh attaccato al dna di un capello

Se fosse autentica, "Natura morta con peonia" varrebbe 44 milioni di euro. Il test genetico sarà confrontato con i discendenti del pittore

Il giallo della tela di Van Gogh attaccato al dna di un capello

«Natura morta con peonia» è un Van Gogh da 44 milioni di euro o una crosta da mercatino?
La risposta è attaccata a un ca­pello. Non un capello in senso figu­rato, ma un capello in senso reale. A spaccarlo in quattro sarà ora una specie di artistica task force modello ­
Csi ( Crime Scene Investi­gation), che - del pelo in questio­ne - dovranno leggere il dna. Sarà questo infatti l’esame genetico che accerterà se «Natura morta con peonie», quadro scoperto in una soffitta olandese nel 1977, sia stato o no realizzato dall’artista olandese suicidatosi il 29 luglio 1890 ad Auvers-sur-Oise.

Si parte da una sola certezza: il capello rosso trovato attaccato sul­la tela sotto uno sp­esso strato di co­lore appartiene all’autore del qua­dro medesimo; che poi l’autore del suddetto quadro sia effettiva­mente il fulvo Vincent Van Gogh resta tutto da dimostrare. Il dna sul capello (che verrà comparato con quello dei discendenti in vita del celebre pittore) servirà a passa­re dagli indizi alle eventuali prove.

Per ora c’è la parola dell’attuale proprietario, il collezionista tede­sco Markus Roubrocks, che ­come riporta il quotidia­no britannico The Daily Telegraph ­giura sull’autenti­cità del dipinto: «L’ho ricevuto in eredità da mio padre, il quale lo ebbe da un paren­te stretto dell’arti­sta ». Roubrocks giu­ra che l’opera fu dipinta da Vincent Van Gogh nel 1889, un anno prima del suicidio dell’autore:tesi appoggiata da nu­merosi critici «indipendenti», ma non da quelli «ufficiali» del Mu­seo van Gogh di Amsterdam, secondo i quali «la tecnica pittori­ca di Natura morta con peonia è incompatibi­le con quella di Van Gogh». Quin­di, critici d’arte su posizioni oppo­ste. A conferma dell’esattezza del­le parole di Picasso, il quale era so­lito ripetere: «Con i critici d’arte parlate di tutto, ma non di arte. Ne capiscono poco...». E se lo diceva Picasso, c’è da credergli. L’elenco dei grandi pittori snobbati dal co­lorito mondo degli «esperti» d’ar­te ( critici, galleristi, curatori di mo­stre, sovrintendenti, direttori di musei e via burocr­art­izzando) è lungo. E la riprova più clamorosa viene proprio dal trattamento «professionale»riservato in vita al­lo stesso Vincent Van Gogh: un au­tentico genio che però non riuscì mai a vendere neppure un qua­dro; il suo stile era bollato dai puri­sti come «infantile»; i suoi girasoli erano considerati dai mercanti «poco verosimili» e nessun mece­nate lo sostenne per una pur mise­ra mostra di paese.

Ma - a ben guardare - la storia dell’arte è talmente ricca di «con­flitti di attribuzioni» da consenti­re una lettura dell’evoluzione stili­stico­ culturale proprio attraversi l’analisi di queste dicotomie. Co­me non pensare, ad esempio, alla «contrapposizione» tra Giorgio e Tiziano. Accavallando le loro vite professionali a Venezia per il pri­mo decennio almeno del Cinque­cento, hanno dato luogo a infinite dispute successive. Un rapporto difficile ben esemplificato dai pro­blemi attributivi relativi alla «Ve­nere dormiente di Dresda » e al «Concerto campestre del Lou­vre », con diatribe pluridecennali fra critici che usano a volte un me­desimo argomento stilistico per dimostrare esattamente l’oppo­sto (Giorgione non sarebbe stato capace di un costrutto formale complesso come nel Concerto; Ti­ziano non aveva la poesia arcadi­ca che emana dal Concerto; la don­na nuda in primo piano ha la sta­tuarietà tipica tizianesca; la don­na nuda ricorda molto il frammen­to giorgionesco del Fondaco e ha l’inconfondibile espressione de­gli sguardi di Giorgione). A volte sono invece gli stessi protagonisti dei quadri a innescare gialli che si trascinano, senza soluzione, per secoli. Il più celebre di tutti. Chi si nasconde dietro il sorriso «enig­matico » (aggettivo inflazionatis­si­mo quando si parla del capolavo­ro di Leonardo): Monna Lisa (se­condo la versione del Vasari) o l’autoritratto bisex di Leonardo (secondo una versione che piace­rebbe tanto... all’Arcigay)?

Ultima querelle, fresca di gior­nata ( come le mozzarelle di bufa­la), il ritrovamento di 100 disegni attribuiti a Caravaggio, al Castello Sforzesco a Milano.

Nei sotterra­nei. Ma la verità verrà alla luce?

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