I conti da non sbagliare e lo stigma da evitare

Da ieri nelle casse dello Stato ci sono 18 miliardi in più. In cinque giorni il Tesoro ha raccolto l'equivalente di quasi l'1% del Pil grazie al Btp Valore, sottoscritto da più di 650mila famiglie italiane.

I conti da non sbagliare e lo stigma da evitare
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Da ieri nelle casse dello Stato ci sono 18 miliardi in più. In cinque giorni il Tesoro ha raccolto l'equivalente di quasi l'1% del Pil grazie al Btp Valore, sottoscritto da più di 650mila famiglie italiane. Quando Giorgia Meloni è stata informata di questo successo storico, che rimanda all'era dei «Bot people», ogni sua convinzione sulla posizione che l'Italia deve tenere nelle dispute economiche con i partner europei si è rafforzata. Certo, parliamo di debito: quei 18 miliardi sono nuovo debito pubblico che costerà allo Stato un tasso del 3-4% l'anno. Ma la buona notizia è che il Paese non ha bisogno di nessuno per finanziarsi: basta l'imponente risparmio delle famiglie italiane. Che, con questa operazione, mostrano verso lo Stato una rinnovata, grande fiducia.

Bisogna partire da qui, oggi, per capire la posizione del governo sul Mes. La premier ha ieri ribadito la sua contrarietà alla ratifica della riforma di questo strumento (un fondo per salvare le economie dell'Eurozona da eventuali crisi sistemiche), unica tra i partner europei: «Quando mi si dirà qual è il quadro, dirò cosa penso del Mes». E il quadro è il cosiddetto «Patto di Stabilità», quell'insieme di regole su deficit e debito che devono rispettare gli Stati membri. La premier attribuisce al Mes almeno tre difetti: è obsoleto (pensato per un mondo pre-pandemia); è dotato di risorse insufficienti a risolvere uno choc finanziario; è politicamente sconveniente perché chi lo dovesse utilizzare, riceverebbe all'istante lo «stigma» del Paese in crisi.

E allo stigma la premier intende stare bene attenta: non lo vuole ricevere nemmeno dal Patto di Stabilità, la cui proposta avanzata da Bruxelles non convince Palazzo Chigi. Anche qui, come per il Mes, c'è il rischio - sollevato anche da un'economista europeista come Veronica De Romanis - che all'Italia venga assegnato un bollino rosso. Secondo la nuova proposta, il nostro debito finirebbe in una sorta di serie B d'Europa, insieme a Grecia e forse anche con Spagna e Portogallo, alla quale riservare un trattamento particolare, con un forte potere di intervento per la Commissione Ue. Una condizione che esporrebbe il Paese sia ai marosi di mercati e agenzie di rating, sia a disparità di trattamento da parte della Bce. Al contrario, l'attuale Patto, pur severo e ormai difficilmente applicabile, non prevede discriminazioni di questo tipo, né un ruolo discrezionale da parte della Commissione che, va ricordato, è espressione di una maggioranza politica.

In altri termini, la posizione della premier su Mes e Patto tiene dentro tutto questo: da un lato la forza di un'Italia piena di debiti, ma autosufficiente. Dall'altra la determinazione a tenere il Paese alla larga da ogni stigma che qualcuno a Bruxelles vorrebbe avere il potere di assegnare. Il punto debole sta in una posizione isolata: solo l'Italia non ha dato l'ok alla riforma del Mes. Si può essere scettici su questo e giudicarlo un azzardo.

Ma l'impressione è anche che il Mes sia sempre più una questione burocratica europea che un tema di sostanza. Allora, se questa partita serve a difendere gli interessi nazionali, come Meloni sostiene, ben venga anche l'azzardo.

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