Un mio tweet di ieri ha suscitato un'attenzione sorprendente, come avessi voluto creare chi sa quale polemica. Diceva: «1866, plebiscito in Veneto per l'annessione all'Italia. 151 anni dopo inizia il distacco. Si vede che era solo un flirt». Moltissimi hanno ribattuto che il plebiscito del 1866 fu forzato dai Savoia i «no» furono lo 0,06% - e in parte hanno ragione. Soltanto il 28% della popolazione aveva diritto al voto, ma in molti non mancava il furore patriottico.
La questione dunque è storiograficamente molto più complessa, e la storia non si fa (né si esamina) con un tweet. Però è curioso che nessuno abbia preso in considerazione il vero succo di quel che volevo dire, cioè che con il referendum dell'altro ieri «inizia il distacco» non soltanto del Veneto, ma anche della Lombardia: le secessioni avvengono a piccoli passi progressivi, finché si arriva al punto di rottura. Non è detto che in Lombardia e in Veneto si arrivi a quel punto, ma di certo l'appetito vien mangiando, si è visto anche dalle prime dichiarazioni di Zaia.
Nell'eterno pendolo della storia siamo arrivati al punto in cui i nazionalismi - che hanno dominato i secoli precedenti - si esasperano, dissolvendosi per eccesso. Alla grande nazione che assorbe popoli e regionalismi al proprio interno, si sostituiscono i nazionalismi delle «piccole patrie», si chiamino Scozia, Catalogna o Veneto. È un fenomeno inarrestabile, durante un periodo così lungo di pace e in presenza di un sovrastato nazionale come l'Unione Europea. Se l'Ue poggiasse su gambe robuste, invece che sui piedini da infante che reggono il suo corpaccione, ne approfitterebbe per favorire il disgregamento. Non lo fa perché essa stessa crollerebbe, nel caos delle divisioni e delle crisi che ne nascerebbero.
Ora, senza entrare nel merito della maggiore autonomia lombardo-veneta (se sia giusta o no), è evidente che uno Stato italiano forte se il nostro Stato fosse forte dovrebbe contrastare la concessione di ulteriori autonomie. Anzi, e non per paradosso, la mossa da fare sarebbe togliere gli statuti speciali alle regioni che già ce l'hanno e che lo conservano come un diritto acquisito, dalla Sicilia alla Val d'Aosta, senza alcuna vera necessità.
Lo Stato italiano non è forte, tanto meno al proprio interno, e non saprà difendere la propria unità, come non ha saputo realizzare errore capitale un vero federalismo.
Concessione dopo concessione, una qui una là, una su una giù, finirà per arrivare a una situazione di non ritorno. Del resto è scomparso l'Impero Romano, vuoi che non scompaia, un giorno, anche l'Italia? Ma questo è un altro tweet.@GBGuerri
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