L'omertà degli adulti e l'eroismo dei bimbi

Quando una mamma non si accorge, non lotta, non ruggisce, non impreca, non sospetta e, nel dubbio, non scalpita e non si fa uscire il sangue per proteggere il suo cucciolo, allora il mondo si ribalta

L'omertà degli adulti e l'eroismo dei bimbi

È l'orrore perfetto. Quello in cui la vita prende tutte le direzioni opposte rispetto a quelle che dovrebbe prendere. Quello in cui la vita va al contrario di come dovrebbe andare: dall'inizio alla fine. C'è una bambina di sei anni che si scaraventa (o viene scaraventata) giù da un balcone perché non ne può più di essere abusata e pure si chiama Fortuna. C'è un luogo marcio e buio e inospitale che pure si chiama Parco Verde (sì, che ironia crudele, il colore della speranza...).

C'è un condominio di adulti omertosi, o distratti, o vigliacchi, o ciechi. Che non sono capaci di vedere oppure non vogliono vedere. O vedono, ma in ogni caso tacciono. E c'è un gruppo di bambini, che sono bambini, e pure parlano e denunciano e mettono fine, o danno inizio.

All'orrore, appunto. E c'è una madre che non difende una figlia. Forse non per colpa. Ma fa lo stesso. Quando una mamma non si accorge, non lotta, non ruggisce, non impreca, non sospetta e, nel dubbio, non scalpita e non si fa uscire il sangue per proteggere il suo cucciolo, allora il mondo si ribalta. E poi finisce. Quando una madre non riesce a salvare un figlio, significa che la natura ha fallito. Giustizia legale, verità, vendetta. Dopo, va bene tutto, ma non serve più niente.

Non ha più senso niente.

Un condominio in un angolo di Napoli dove il vicino era l'orco che nessuno si era nemmeno preso la briga di conoscere. Eppure le mamme ci mandavano i bambini e a tutti andava bene. E prima di Fortuna, scaraventato giù da un balcone, c'era finito Antonio: tre anni ed esausto di abusi pure lui. Figlio della convivente dell'orco. Anche per Antonio, comunque sia andato quel salto, l'asfalto su cui spiaccicarsi sarà sembrato un sollievo. Anche per Antonio, nessuna mamma a difenderlo.

Quando esci dalla pancia gridi e piangi perché sai che non sarà mai più la stessa cosa. Perché te ne vai da dove sei venuto. Ed è un partire senza un tornare. Sai che ti strappano via e che devi cominciare a combattere, a resistere, ad avere freddo e a essere solo.

Ma è uno strappo che fa un nodo eterno.

Esci da tua madre, ma tua madre inizia. Inizia lì la protezione, il sostegno, l'essere te al di fuori di lei. E in quel congedo c'è anche la promessa che mai nulla (di brutto) ti succederà. La tua mamma è qui. Ma non è vero sempre.

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