"Non ci sono prove". Confermata l'assoluzione dei vertici Eni sul caso Nigeria

Il sostituto procuratore generale di Milano rinuncia al ricorso e certifica il flop dell'accusa: "Elementi insignificanti". Renzi: "Vittoria della giustizia, chi urlò contro il mio governo ora chieda scusa"

"Non ci sono prove". Confermata l'assoluzione dei vertici Eni sul caso Nigeria

La "mancanza di qualsiasi nuovo elemento per sostenere l'accusa" e l'"assenza di fatti certi" sono tra le motivazioni che hanno spinto il sostituto procuratore generale di Milano, Celestina Gravina, a rinunciare al ricorso contro l’assoluzione dei dirigenti di Eni e Shell accusati di corruzione internazionale. I 15 imputati, quindi, tra cui l’ad del colosso italiano degli idrocarburi, Claudio Descalzi, di conseguenza, sono stati assolti in via definitiva. La vicenda riguarda il processo sulla presunta maxi tangente da 1,092 miliardi di dollari che secondo l’accusa le due società avrebbero versato a politici e funzionari nigeriani per ottenere la concessione dei diritti di esplorazione sul blocco Opl245.

La rinuncia al ricorso: "No prove, solo insinuazioni"

Con la sentenza emessa nel marzo del 2021, il Tribunale di Milano dopo tre anni di dibattimento aveva assolto con formula piena - "perché il fatto non sussiste" - Eni, il suo amministratore delegato e i manager coinvolti. Ma nel luglio successivo il procuratore aggiunto Fabio De Pasquale aveva presentato ricorso in appello. Lo stesso aveva fatto, per quanto riguarda la parte civile, il governo nigeriano rappresentato dall'avvocato Lucio Lucia.

Il sostituto procuratore generale ha però comunicato in apertura di udienza la rinuncia all'impugnazione presentata dalla procura. In sostanza, per Gravina non ci sarebbero prove del presunto "accordo corruttivo". Il pg di Milano ha parlato di "insinuazioni" rimarcando la "esilità e assoluta insignificanza degli elementi" in mano alla Procura per accusare Eni e Shell di corruzione internazionale.

L'accusa al pm: "Colonialismo della morale"

Poi ha accusato l’aggiunto De Pasquale di "colonialismo della morale", perché come "le potenze neocoloniali tracciavano i confini senza sapere cosa c'era sotto" ha voluto "imporre la propria linea al posto di organi democraticamente eletti". Le due società, invece, ha chiarito Gravina, "hanno fatto la ricchezza della Nigeria" anche con "tributi di sangue".

Si parla solo di idee vaghe sulle presunte tangenti versate, "chiacchiere e opinioni generiche". Insomma, mancano "gli elementi costitutivi del reato". "Questo processo deve finire oggi perché non ha fondamento", ha detto perentorio il sostituto procuratore generale milanese.

La vicenda è contorta e passa per le "bugie" e i "veleni" dell’ex manager accusatore e accusato, Vincenzo Armanna, fino al caso dei verbali di Piero Amara sulla loggia Ungheria, finita al centro di un vero e proprio scandalo che ha coinvolto la procura milanese.

L'avvocato Severino: "Frantumata l'accusa"

L’ex ministro Paola Severino, legale di Descalzi ha definito "penetrante, argomentata, sintetica, pacata" la requisitoria, "che però ha frantumato completamente l'accusa". Mettere nero su bianco la mancanza delle prove della presunta tangente, ha aggiunto, è "un messaggio molto forte che è arrivato nell'aula in maniera molto precisa e di cui tutti noi abbiamo preso atto: la giustizia può essere magari lenta ad arrivare, ma quando arriva deve essere dichiarata immediatamente".

L’ad di Eni, ha reso noto la stessa Severino, è in missione per il nostro Paese e ha appreso della decisione con un sms. "Mi fa piacere – ha commentato infine l’ex Guardasigilli - dire che persone che per l'Italia stanno facendo tanto siano sollevate dal peso di un processo come questo sia veramente importante".

La soddisfazione di Eni

L’azienda, in un comunicato, ha fatto sapere di aver appreso "con grande soddisfazione" del contenuto del pronunciamento del pronunciamento della procura generale che "ha sancito la fine della immotivata e sconcertante vicenda giudiziaria penale riferita alla concessione Opl 245 in Nigeria".

"Dopo oltre 8 anni tra indagini e procedimenti giudiziari, cause di altissimi costi e di gravi e ingiuste conseguenze reputazionali per la società e il suo management, - sottolinea l’azienda - la giustizia ha completato il suo corso confermando in via definitiva la piena assoluzione perché il fatto non sussiste".

Renzi: "Vittoria della giustizia contro il giustizialismo"

Anche il leader di Italia Viva, Matteo Renzi, che era a capo del governo quando partì l’inchiesta contro Descalzi e l’allora capo della compagnia petrolifera, Paolo Scaroni, parla di "vittoria della giustizia contro il giustizialismo". "I vertici Eni – ha commentato nell’Enews di oggi - vedono passare in giudicato la sentenza sulla presunta (e inesistente) tangente nigeriana. Per Descalzi e Scaroni è la fine di un incubo dopo sette anni di massacro mediatico".

"Finisce – sottolinea l’ex premier - una delle vicende più discusse degli ultimi anni e finisce con una sentenza di assoluzione".

Il leader di Italia Viva, che all’epoca si schierò in difesa dell'attuale numero uno della compagnia, si toglie anche qualche sassolino dalle scarpe: "Quando sette anni fa venne fuori la notizia, le opposizioni chiesero le dimissioni di Descalzi. Oggi che è definitivamente assolto, ci sarà qualcuno di quelli che sette anni fu urlò contro il mio governo, dicendo che difendevo i lestofanti, qualcuno in grado di chiedere scusa?".

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