Un telefono che nascondeva al suo interno molte verità sui veleni del caso Eni, sulle calunnie e sui depistaggi che hanno accompagnato per anni le indagini milanesi sull'ente energetico di Stato. È il telefono dell'avvocato Vincenzo Armanna, uno dei protagonisti di quelle trame. Ora sull'analisi di quel telefono si gioca anche la sorte dei due pubblici ministeri milanesi finiti sotto inchiesta a Brescia proprio per la loro gestione delle indagini sull'Eni, il procuratore aggiunto Fabio De Pasquale e il suo sostituto Sergio Spadaro. La Procura di Brescia, che li ha incriminati entrambi per omissione di atti d'ufficio, ha deciso di capire davvero cosa ci fosse nel telefono del calunniatore Amara. Per questo ha chiesto la proroga di sei mesi delle indagini contro De Pasquale e Spadaro. E per questo probabilmente chiederà ai colleghi milanesi di consegnare materialmente lo scottante apparecchio, finora custodito tra i corpi di reato dell'indagine Eni.
A rendere necessario l'approfondimento è stata la mossa con cui in extremis De Pasquale e Spadaro, per i quali era pronta la richiesta di rinvio a giudizio, hanno cercato di dare una spiegazione logica alla scelta per cui sono finiti sotto indagine: non avere reso note alle difese dei vertici Eni le chat trovate nello smartphone di Armanna, e che costituivano un robusto elemento a favore dell'amministratore delegato Claudio Descalzi e del suo staff. De Pasquale nel suo ultimo interrogatorio ha spiegato ai colleghi bresciani che era impossibile estrapolare solo le chat dalla memoria del telefono: si sarebbe dovuto consegnare agli avvocati di Eni l'intera memoria, e questo avrebbe rivelato elementi ancora coperti dal segreto istruttorio.
Ci sarebbe da chiedersi perché i pm milanesi non abbiano ritenuto almeno di fornire ai difensori di Descalzi & C. almeno una trascrizione delle chat che li scagionavano. Ma Brescia ha deciso di verificare comunque, con una consulenza tecnica, se davvero la memoria del telefono non poteva essere frazionata. Solo al termine di questa perizia si deciderà la sorte di De Pasquale e Spadaro.
Nel frattempo la storia infinita del caso Eni continua a intorbidare il clima intorno alla Procura di Milano, ormai da un mese e mezzo senza capo dopo l'addio di Francesco Greco: ma il Csm sembra non avere fretta di trovare un successore.
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