Non si scherza con i popoli

L'impegno per un'adesione dell'Ucraina all'Europa è preso, sancito da una risoluzione del Parlamento di Strasburgo approvata quasi all'unanimità che impegna le istituzioni europee ad avviare la procedura

Non si scherza con i popoli

L'impegno per un'adesione dell'Ucraina all'Europa è preso, sancito da una risoluzione del Parlamento di Strasburgo approvata quasi all'unanimità che impegna le istituzioni europee ad avviare la procedura. Si potrà anche dire che i tempi saranno lunghi e che il fatidico «sì» sarà preceduto da un meccanismo complesso di valutazioni, magari per non irritare più di tanto Putin e offrire un contentino a quei Paesi che hanno ancora qualche riserva sull'ingresso di Kiev, ma se l'Unione non manterrà la parola data, perché di questo si tratta, perderà la faccia. Irrimediabilmente. Le immagini terribili che giungono dall'Ucraina insegnano, al di là di ogni retorica, che non si può scherzare con i popoli.

Del resto quella è la strada obbligata per garantire un minimo di sicurezza all'Ucraina, l'unico ombrello internazionale che ha a disposizione, come ha ben capito Zelensky. Anche Kiev, infatti, sperando che riesca ad uscire ancora come nazione da questa crisi, ha il diritto ad essere rassicurata. Se la Russia accampa come prima ragione della guerra la propria sicurezza e la prima garanzia che avanza nelle trattative è un'Ucraina fuori dalla Nato, bisogna farsi carico anche delle condizioni che Kiev pretende per sentirsi salvaguardata. E l'unico modello a disposizione è quello della Finlandia: un Paese ex comunista, confinante con la Russia, neutrale, che non è entrato nel dispositivo dell'Alleanza Atlantica per volontà di Mosca, ma è diventato membro dell'Unione Europea. La strada è quella. È tracciata. L'alternativa è quella di una pace fragile, se mai sarà siglata, sancita oggi e violata sei mesi dopo.

Inoltre, dato che si tratta di un modello che finora per la Finlandia ha funzionato bene, non si capirebbe davvero perché Putin dovrebbe dire di no. A meno che - e il sospetto è fondato - dietro ad una Ucraina fuori dalla Nato e, magari com'è probabile, privata dei territori filo-russi, lo zar celi un altro movente. Cioè l'ostilità verso una prospettiva che veda confinante con la Russia un Paese fratello, che parli la stessa lingua, ma che si rifaccia al modello occidentale, sia per quanto riguarda la democrazia che le libertà economiche.

Forse la vera paura di Putin è proprio la contaminazione, il contagio. In poche parole il timore che il virus della democrazia arrivi fino al Cremlino. Del resto, che una delle ragioni di questa pazza guerra riguardi le preoccupazioni dello zar sulla solidità del suo regime in patria, ormai è chiaro. Lo ha capito pure il nocciolo duro dell'alleanza atlantica: a Washington e a Londra valutano, non si sa con quale fondamento, pure l'ipotesi che Putin venga fatto fuori dalla sua corte. Congetture da intelligence e da analisti.

Quel che è certo, però, è che se l'Ucraina oggi come domani non vuole essere vittima di questi giochi di guerra e vuole salvaguardare la sua fragile democrazia, ha bisogno dell'ombrello dell'Unione Europea.

Una consapevolezza che deve esserci anche a Bruxelles perché con i popoli - lo ripeto - non si scherza, per usare un'espressione di Zelensky, neppure nei film.

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