"Obbligo sui vaccini? Sì, se necessario" ​"Sarebbe meglio usare il buon senso"

Per la rubrica Il bianco e il nero abbiamo interpellato l'epidemiologo Massimo Ciccozzi e l'infettivologo Roberto Cauda sull'introduzione dell'obbligatorietà dei vaccini

"Obbligo sui vaccini? Sì, se necessario" ​"Sarebbe meglio usare il buon senso"

Green-pass, no-vax e terza dose di vaccini. Il Covid continua a dividere gli italiani. Per la rubrica Il bianco e il nero abbiamo interpellato Massimo Ciccozzi, responsabile dell'Unità di Ricerca in Statistica Medica ed Epidemiologia Molecolare, e Roberto Cauda, responsabile dell’unità di Malattie Infettive del Policlinico Gemelli di Roma.

Lei è favorevole o contrario all'obbligo vaccinale?

Ciccozzi: “Né favorevole né contrario. Preferisco che la gente l'intelligenza per capire che ci è vaccinato rischia molto di meno, anzi non rischia di andare né in ospedale né in terapia intensiva. Preferisco una buona informazione anche perché nei Paesi del Nord Europa non c'è l'obbligo vaccinale eppure sono già arrivati al 70% di vaccinati. Noi, però, è vero che, grazie all'obbligo vaccinale, abbiamo debellato malattie come il vaiolo e la polio. Le persone devono avere il buon senso per capire che la vaccinazione è l'unica arma che abbiamo. Poi, ognuno è libero di scegliere e decidere come vuole”.

Cauda: “In linea di massima sono sempre favorevole al consenso. Poi, l'obbligatorietà della vaccinazione è una scelta politica, non medica. Ovviamente noi medici, nella stragande maggioranza, siamo favorevoli alle vaccinazioni perché sappiamo che per le malattie virali hanno cambiato il volto dell'umanità. Se oggi il vaiolo si ripresentasse non avremmo una terapia specifica però è scomparsa dalla faccia della terra grazie alla vaccinazione. È chiaro che, quando i vaccini saranno approvati in maniera definitiva dagli organismi internazionali, se la pandemia prosegue con questo ritmo e se non ci sarà da parte delle persone una presa di posizione decisa bisognerà considerare con attenzione la possibilità di avere una sorta di obbligatorietà. Adesso è ancora prematuro arrivare a una scelta di questo tipo, ma non può essere esclusa in relazione all'andamento della campagna vaccinale e della pandemia”.

Pensa che la terza dose sia necessaria solo per i più fragili o lo sarà per tutti?

Ciccozzi: “Sulla terza dose non ci sono ancora dati scientifici chiari. Ci sono solo dati preliminari degli israeliani che sono molto incoraggianti però sono pochissime persone. Io sono attendista e, come ha detto l'Europa, aspetterei di vedere che Israele abbia terminato di vaccinare tutti tanto gli israeliani sono solo 8 milioni. Una volta visti i loro dati, poi, anche noi inizieremo a valutare se fare o meno la terza dose che è un booster, un richiamo più che una vera e propria terza dose. Magari, sì, si potrebbe iniziare dai più fragili, dagli over 80 e dagli operatori sanitari. In un secondo momento, si proseguirebbe con le altre categorie così come era stato fatto all'inizio”.

Cauda: “Dai dati che disponiamo oggi abbiamo visto che chi non aveva risposto alle due dosi perché immunodepresso avrà necessità di una terza dose. Sicuramente la terza dose potrebbe essere opportuna per le persone più fragili. Israele ha fatto un po' da battistrada e apripista per la vaccinazione e, ora, ha fatto uno studio in cui si dimostra che la terza dose protegge gli over 60 dall'infezione. Alla luce dei risultati brillanti ottenuti, si è deciso di farla in maniera indiscriminata a tutti. Dovremmo guardare con attenzione ai dati israeliani e scegliere di conseguenza, tenendo presente che noi stiamo ancora vaccinando una buona parte della popolazione con la seconda dose. Non dico che sia prematuro parlare della terza dose però ci sono i tempi per poter prendere una scelta ragionata. Detto questo, non escludo affatto la terza dose”.

Cosa pensa dei no-vax? Come si potrebbero convincere?

Ciccozzi: “Ah no, i no-vax non penso si possano convincere. Hanno i loro convincimenti e in un Paese democratico bisogna rispettare tutti. La cosa importante è, come diceva Papa Francesco, essere altruisti e non pensare solo a sé stessi. Un po' di altruismo ci vorrebbe”.

Cauda: “Premetto che, per mia natura, non do giudizi a nessuno. È chiaro che siamo su posizioni diverse. Rincresce che queste posizioni, soprattutto sui media, assumano caratteri di aggressività. Credo che ascoltare le persone sia la cosa più importante. Distinguerei tra no-vax ed esitanti. Ora i no-vax sono contrari a tutti i tipi di vaccini ed esistevano già nel 1700 per il vaiolo. Il punto è che la vaccinazione non è come gli altri farmaci perché i suoi benefici sono impalpabili. Si fa per proteggersi contro un pericolo che potrebbe esserci o non esserci. In questo caso, il pericolo è più che reale e credo che l'informazione fatta dai media grazie agli esperti deve essere rivolta agli esitanti, alle persone che magari hanno la preoccupazione che il vaccino sia stato fatto troppo presto. Ma io spiego sempre che il vaccino non è sperimentale, è innovativo. Teniamo presente che ci sono più 3 milioni di over 50 non ancora vaccinati che hanno un rischio maggiore anche perché la variante Delta è più contagiosa e più grave per le persone più fragili. Ora, proprio grazie ai vaccini, però le terapie intensive non sono piene”.

È favorevole all'estensione dell'uso del green-pass?

Ciccozzi: “È una scelta più politica che scientifica. Il green-pass è un qualcosa che garantisce la non circolazione del virus in un dato ambiente. Ma l'importante è che sia utilizzato nel modo giusto. Nelle scuole, nelle università e negli ambienti di lavoro è giusto usarlo, ma non si può chiedere nelle metro e negli autobus dove nessuno può controllarlo. Bisogna farne un buon uso”.

Cauda: “Il green-pass è uno strumento non perfetto perché presenta alcune falle. Primo perché viene dato anche dopo una sola somministrazione anche se sappiamo che i vaccini ne richiedono due. Un'unica dose, soprattutto in presenza della variante Delta, non è sinonimo di sicurezza. Poi, la durata da 6-9 mesi è stata estesa a 12, ma non sappiamo se tutte le persone abbiano una copertura così estesa. E questo è anche il motivo per cui stiamo parlando della terza dose. Infine, c'è il problema dei tamponi, utilissimi nella prima fase e per le precedenti ondate, ora servono a conferire un green-pass transitorio. Ma il tampone fotografa una realtà di oggi, ma nell'arco delle 48 ore colui che lo ha fatto potrebbe positivizzarsi. Nei luoghi dove è stato adottato può ridurre il rischio di trasmissione, ma nel contempo può essere uno stimolo indiretto alla vaccinazione, così com'è avvenuto”.

C'è il rischio di una quinta ondata di Covid?

Ciccozzi: “A livello pandemico il rischio c'è sempre, ma prima del 15 settembre non avremmo dati. Allora capiremo quale sarà l'effetto del rientro dei vacanzieri però sono abbastanza fiducioso. È vero che abbiamo visto i rave-party però è anche vero che abbiamo visto tanti giovani si sono vaccinati più degli over 50, anche se rischiano di meno”.

Cauda: “Fare previsioni è sempre molto difficile, ma è chiaro che finché ci sono le varianti (le quali, al momento, non 'bucano' il vaccino) c'è il pericolo anche perché possono sorgere in qualunque parte del mondo e, in un mondo globalizzato, possono raggiungerci rapidamente.

L'unico modo per impedire nuove ondate è vaccinare non solo all'interno del proprio territorio nazionale, ma anche nel resto dei Paesi del mondo. Siamo in presenza di una pandemia e il virus non riguarda solo l'Europa o gli Stati Uniti e ricordo che, al momento, l'Africa ha solo il 2% di vaccinati”.

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