Polemiche, reazioni e richieste di chiarimenti: il caso relativo alle intercettazioni ai giornalisti che si sono occupati di Ong operate dalla procura di Trapani ha continuato ad infiammare il dibattito anche nelle ultime ore. Tanto che adesso, come si è appreso da agenzie riportanti fonti del ministero, il guardasigilli Marta Cartabia ha disposto accertamenti. La notizia da cui tutto è partito è stata pubblicata ieri su Il Domani ed è riferita a quanto operato dal tribunale della città siciliana nel 2017.
In quell'anno è scattata l'inchiesta sulle attività delle Ong. Due in particolare: Save The Children e Medici senza Frontiere, le quali svolgevano missioni a largo della Libia con le navi Vos Hestia e Vos Prudence. C'era poi un altro piccolo mezzo dell'Ong Jugend Rettet, ossia la nave Iuventia. Su quest'ultima si sono concentrati i fari degli inquirenti.
Si voleva accertare in che modo le Ong operavano nel Mediterraneo. Anche perché in quel momento la pressione migratoria era molto forte, il numero delle persone sbarcate a fine anno ha sforato quota centomila. A bordo della Iuventia è salita la giornalista Nancy Porsia. Il suo intento era quello di documentare le attività dell'equipaggio. Forse per questo gli inquirenti hanno deciso di intercettarla.
Nancy Porsia è una delle giornaliste più impegnate nel seguire il dossier libico. Un'altra circostanza che potrebbe aver spinto gli investigatori ad ascoltare le sue conversazioni. Il problema, sottolineato su Il Domani, è che alcune chiamate erano rivolte al suo legale, Alessandra Ballarini.
Le polemiche
L'avvocato di Nancy Porsia segue anche altre vicende delicate, tra tutte il caso Regeni. Dunque potevano essere ascoltate alcune notizie delicate sugli spostamenti del legale. Così come sulle fonti della giornalista. Quest'ultima non è stata l'unica ad essere intercettata. Nell'elenco ci sono anche il nostro Fausto Biloslavo, così come Nello Scavo di Avvenire, Claudia Di Pasquale di Report, Francesca Mannocchi e i cronisti di Radio Radicale e IlFattoQuotidiano. In comune hanno il fatto di seguire tutti gli avvenimenti in Libia.
L'ordine dei giornalisti ha espresso solidarietà a tutti gli intercettati: “Tutte le iniziative a tutela del segreto professionale saranno valutate nelle sedi competenti”, si legge in una nota del presidente Carlo Verna. Le polemiche sono incentrate soprattutto su questo punto: nessuno dei giornalisti era indagato, il fatto di essere intercettati potrebbe aver svelato dettagli sulle fonti. Circostanza grave per il lavoro del cronista, specie in contesti molto particolari. Tuttavia, come poi emerso dalle parole del procuratore di Trapani, Maurizio Agnello, ad essere realmente intercettata è stata solo Nancy Porsia.
Secondo l'Ong Sea Watch però gli inquirenti avrebbero commesso delle violazioni: "Registrare le conversazioni tra i giornalisti e le loro fonti è una violazione della libertà di stampa - si legge in un tweet - Ma i pubblici ministeri non si tirano indietro neppure davanti a questo per attaccare i soccorsi in mare".
Decine di giornalisti e un avvocato intercettati illecitamente nelle inchieste contro le ONG.
— Sea-Watch Italy (@SeaWatchItaly) April 2, 2021
L'attacco al soccorso in mare non risparmia nemmeno libertà di stampa e diritto alla difesa.https://t.co/ePAeyHeyYl
Gli attivisti, quindi, sembrano pronti a cavalcare la vicenda e a strumentalizzarla perché venga insabbiato tutto. "Alcuni insorgono per le intercettazioni che avrebbero violato dei diritti. In altri casi quelli che si indignano sono stati zitti, eppure le intercettazioni in tante occasioni sono state utilizzate in maniera arbitraria della magistratura", fa notare il senatore di Forza Italia, Maurizio Gasparri, "Questa volta invece sono io a dire che bisogna tutelare il lavoro investigativo che mette in luce il ruolo ambiguo di molti settori della sinistra e di tante Ong che insieme hanno agito contro la sicurezza e contro gli interessi del nostro Paese. Quella delle Ong è una storia inquietante, una vicenda che merita processi esemplari e condanne immediate. Altro che aiuti umanitari. C'è una storia tutta da riscrivere".
Su IlGiornale Valentina Raffa ha ascoltato un magistrato in merito: “Il segreto professionale del giornalista è sacrosanto, ma non è connesso alla persona quanto alla funzione, al ruolo che in quel momento il cronista sta svolgendo – ha dichiarato il magistrato – Voglio dire che ciò che interessa le indagini è se il giornalista incontrando qualcuno o sentendolo per telefono non si renda lui stesso in qualche modo un facilitatore, uno che in quel momento, consapevole o meno di ciò, stia favorendo qualcosa di illegale. Ai fini delle indagini interessa se il giornalista è al corrente di traffici. Allora non si può più tutelarne le fonti”.
Sulla vicenda è intervenuto lo stesso Fausto Biloslavo: “Male non fare, paura non avere – ha dichiarato il giornalista intervistato dalla collega Raffa – Come categoria non siamo al di sopra della legge, ma le fonti vanno tutelate, bisogna rispettarne la riservatezza. Del resto, almeno per quanto mi riguarda, i miei reportage hanno raccontato anche la crisi dei migranti e della Libia. Sono stato il primo ad affermare ciò che solo adesso, dopo 4 anni, viene confermato dalle indagini, ovvero che i 3 trafficanti che si trovavano sul gommone fotografato sotto la nave Vos Hestia erano appartenenti al clan al-Dabbashi”.
In effetti, occorre ricordare che per diverso tempo dell'inchiesta non si è saputo più nulla. Scattata nell'estate 2017, fino allo scorso mese di marzo non erano più trapelate altre notizie. Poi la vicenda è ritornata a galla con l'avviso di conclusione delle indagini emanato a 24 soggetti. Infine, nella giornata di venerdì, è scoppiata la polemica sulle intercettazioni. Appena 24 ore dopo dal ministero della Giustizia si è appreso dell'apertura di un accertamento. L'obiettivo è capire cosa realmente quattro anni fa sia successo.
"Posso essere sincero? - ha poi ripetuto all'AdnKronos Fausto Biloslavo - Tutta questa vicenda mi sembra una tempesta in un bicchiere d'acqua. In realtà, a parte Nancy Porsia che è stata indubbiamente intercettata, il sottoscritto come gli altri non avevano la propria utenza telefonica intercettata".
Le parole del procuratore di Trapani
Intervistato dall'AdnKronos, il procuratore della città siciliana, Maurizio Agnello, ha provato a fare chiarezza: “Premetto subito che non intendo assolutamente disconoscere questa vicenda – ha esordito il magistrato – ma voglio sottolineare soltanto che io ho preso servizio alla Procura di Trapani nel febbraio 2019, quando era già in corso l'incidente probatorio del procedimento”.
Secondo Agnello, oltre Nancy Porsia non ci sarebbero stati altri giornalisti intercettati: “Come mi ha riferito l'ex capo della Squadra Mobile di Trapani – ha aggiunto il procuratore – la giornalista Nancy Porsia è stata intercettata per alcuni mesi nella seconda metà del 2017, perché alcuni soggetti indagati facevano riferimento a lei che si trovava a bordo di una delle navi oggetto di investigazioni. Nessun altro giornalista è stato oggetto di intercettazioni”.
Nancy Porsia, sempre secondo il procuratore, non sarebbe stata né indiziata e né indagata: “Lei è stata intercettata in occasione di una sua escussione a sommarie informazioni – ha aggiunto il magistrato – In quell'occasione, mi dice ancora la Squadra mobile, lei diede peraltro una grossa mano all'inchiesta”.
“In ogni caso – ha tenuto a precisare Maurizio Agnello – voglio sottolineare subito che nella informativa riepilogativa dell'intera indagine depositata nello scorso mese di giugno non c'è alcuna traccia delle trascrizioni delle intercettazioni della giornalista Nancy Porsia e non c'è alcun riferimento ad altri giornalisti”.
Nancy Porsia: "Io intercettata da libera cittadina"
Secondo quanto appreso dall'AdnKronos, alcune trascrizioni sarebbero comunque finite nei documenti. Si tratta delle carte dove gli inquirenti della Polizia Giudiziaria, tra Sco, Squadra Mobile di Trapani e Guardia Costiera, hanno inserito le intercettazioni. Diverse anche leconversazioni private ascoltate e trascritte. C'è il colloquio tra il giornalista di Avvenire, Nello Scavo, e don Moussie Zerai, uno dei primi indagati la cui posizione è stata però stralciata in sede di conclusione delle indagini. Così come anche le chiamate che coinvolgono sempre don Moussie Zerai.
Tra le carte anche alcuni colloqui telefonici riguardanti altri giornalisti intercettati: "Il retrogusto amaro di tutta questa faccenda è avere la conferma che chi doveva proteggermi invece mi intercettava - ha dichiarato all'AdnKronos Nancy Porsia - Questo è certo. La mia vita era in pericolo e loro lo sapevano".
"Perché trascriverle quelle conversazioni? - si è poi chiesta la giornalista - Di fatto non è stato trascritto tutto quello che è stato detto da me in sei mesi, perché non sarebbero bastate 30 mila pagine solo per le mie intercettazioni. Solo alcune parti sono state trascritte". Nancy Porsia ha poi puntato il dito contro il ministero dell'Interno, all'epoca retto da Marco Minniti: "Sono stata intercettata per sei mesi in una inchiesta sulle ong, quando io sulle ong ho fatto poco o niente. Diciamolo chiaramente, mi hanno intercettata con una scusa.
La richiesta per intercettarmi non è partita dalla Procura di Trapani ma dalla Polizia giudiziaria. E la Procura lo ha consentito. Volevano sapere cosa avessi in mano, con la scusa di quelle indagini. Io sono stata intercettata dal Ministero dell'Interno non da indiziata o indagata, ma da libera cittadina".
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