Forse non sarà esattamente l'Ohio, ribattezzato «mother of presidents» perché nel macchinoso sistema elettorale degli Stati Uniti i suoi 18 voti elettorali sono quasi sempre decisivi per arrivare alla Casa Bianca. Di certo, però, la Sicilia è destinata ad essere un termometro importante nella corsa verso Palazzo Chigi. A quattro mesi dalle elezioni politiche (che si terranno con ogni probabilità il 4 marzo), il voto siciliano è una prova generale dell'imminente partita nazionale. Per diverse ragioni, ma per una in particolare: la Sicilia oggi sarà una sorta di grande collegio uninominale dove verrà testato per la prima volta uno schema che alle politiche rischia di ripetersi in tutta Italia. A sfidarsi per Palazzo dei Normanni sono infatti un candidato sostenuto dalla coalizione di centrodestra (Nello Musumeci), uno da quella di centrosinistra (Fabrizio Micari), uno dai Cinque stelle (Giancarlo Cancelleri) e uno dalla sinistra (Claudio Fava). Esattamente quello che potrebbe accadere a marzo nei collegi uninominali appena reintrodotti dal Rosatellum (232 alla Camera e 109 al Senato).
Ecco, dunque, il perché di tanta attesa. Con quasi tutti i leader che hanno deciso di mettersi in gioco in prima persona pur di tirare lo sprint al proprio candidato, ben consapevoli che vincere la sfida in una regione con cinque milioni di abitanti è il primo passo nella corsa a Palazzo Chigi. Lo è soprattutto da un punto di vista psicologico, perché in politica quasi sempre l'essere percepiti come vincenti aiuta a vincere davvero. Ecco perché Beppe Grillo, Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista non si sono risparmiati nel loro tour siciliano. E perché Silvio Berlusconi ha deciso di prolungare fino a quattro giorni quella che inizialmente doveva essere una toccata e fuga a Palermo. L'unico a sfilarsi è stato Matteo Renzi che alla Sicilia ha preferito Chicago e la stretta di mano con Barack Obama e che continua a teorizzare che il voto di oggi ha «valenza locale» e «nessun ricasco nazionale». Va detto che, fatta eccezione per la vittoria di Rosario Crocetta nel 2012, la Sicilia non è terra facile per il Pd. Ma se i dem dovessero davvero restare sotto la soglia del 10% - o comunque superarla di poco - la batosta sarebbe fragorosa. Perché arriva dopo il tonfo referendario dello scorso 4 dicembre e perché sarebbe la conferma che senza la sinistra che ruota intorno a Mdp il Pd ha decisamente meno chances di essere competitivo.
Ma la sfida di oggi è importante anche per capire che aria tira nel Paese nei confronti del populismo. A contendersi la vittoria, infatti, saranno Musumeci e Cancelleri. Il primo sostenuto da un Berlusconi che negli ultimi mesi si è proposto come argine agli eccessi populisti, non solo in Italia ma anche in Europa e con la sponda del Ppe e di Angela Merkel. Il secondo appoggiato dai Cinque stelle che invece continuano a sventolare la bandiera della rivoluzione antipolitica e si propongono come unica alternativa antisistema.
Una ricetta che nel resto dell'Europa - dalla Francia all'Olanda, passando per Germania e Austria - non è stata sconfitta ma non ha neanche sfondato. Domani sapremo come è andata in Sicilia, anticamera delle politiche del prossimo anno.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.