Incontri gay, lo scandalo travolge Potenza. Ma i preti si difendono

Lettera di sacerdoti lucani definitisi "peccatori" in cui si esorta a "non generalizzare"

Incontri gay, lo scandalo travolge Potenza. Ma i preti si difendono

Un fascicolo di milleduecento pagine che ha fatto tremare tutta la Chiesa, quello di un ex avvocato napoletano, oggi gigolò, Francesco Mangiacapra, inviato alla curia di Napoli con sessanta nomi di preti, religioni e seminaristi che avrebbero incontri sessuali gay a pagamento con il giovane. Non solo; anche videochat e messaggi con foto inequivocabili.

Dopo il fragore mediatico è seguito il silenzio, rotto nei giorni scorsi da un gruppo di sacerdoti definitisi "peccatori" con un documento, una sorta di lettera sulla morale, di cui ampi stralci riporta il quotidiano "La Gazzetta del Mezzogiorno". Lo scritto parla apertamente di "questione morale" da affrontare invitando, tuttavia, a "non generalizzare" distinguendo tra i peccatori, nelle cui fila ci sono tutti gli uomini preti inclusi e i corrotti, arrivati a un grado di abiezione tale da non accorgersi più del peccato, rifacendosi alle parole di una intervista rilasciata qualche tempo fa da papa Francesco.

Risulta interessante, in relazione allo scandalo degli incontri gay, il percorso che i sacerdoti, nel documento, hanno voluto tracciare guardando al futuro.

A loro giudizio chi ha peccato dovrà chiedere perdono e tuttavia è rilevante distinguere: "Chi ha peccato contro il sesto comandamento (non commettere atti impuri, ndr) non lo ha fatto "perché era prete" e la perversione era presente già prima della sacra ordinazione, la quale non può esserne causa".

Un invito, insomma, come detto, a non generalizzare, ricordando che chi ha scritto il dossier deve addurre "l'onere della prova". Perché appunto non si può fare "di tutta l'erba un fascio".

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