Si presenta in aula, a Firenze, davanti alla Corte d'assise d'appello, e ribadisce ancora una volta la propria innocenza. Senza esitazioni. E lamenta, al contempo, di essere stato perseguitato. Raffaele Sollecito, imputato per l'omicidio di Meredith Kercher, si commuove anche: "Al momento io una vita reale non ce l’ho", dice concludendo le sue dichiarazioni spontanee con la voce rotta dalla commozione. E chiede ai giudici di "correggere gli errori" commessi in precedenza. "Mi hanno descritto come un assassino spietato, non sono niente di tutto questo", dice il ragazzo pugliese. "A Perugia - racconta - ero una persona molto riservata, mi dedicavo a studi molto impegnativi, come l’informatica in cui poi mi sono laureato". "Sono orgoglioso - prosegue - di essere cresciuto in una famiglia per bene, che mi ha cresciuto con valori".
Entra poi nello specifico soffermandosi sulla drammatica vicenda in cui è rimasto coinvolto, la morte della ragazza inglese avvenuta la notte del 1° novembre 2007: "Sono stato gettato in carcere, ho fatto sei mesi di isolamento e poi in struttura di massima sicurezza. Non auguro a nessuna persona al mondo di poter vivere quello che ho avuto come esperienza. Tutta la mia vita com’era prima ora non c’è più, è stata cancellata. Sto battagliando ogni giorno per poter portare avanti i fatti di questa vicenda". E lamenta: "Sento nei miei confronti una persecuzione allucinante, senza senso".
"Tutto ci poteva essere nelle nostre menti fuorché di essere spietati", prosegue Sollecito, provando a scagionare se stesso e Amanda Knox dall’accusa di omicidio: "Sono accuse assurde quelle mosse nei miei confronti, nei nostri confronti". Poi ripensa ai suoi anni a Perugia: "Non mi è mai piaciuto l’alcool e non andavo alle feste, anche se mi sono fatto qualche spinello, questo non ha cambiato la mia personalità".
Parla anche della sua ex fidanzata: "Amanda Knox è stato il mio primo vero amore della mia vita, anche se è avvenuto un po' tardi. Quando avevo vent’anni c’era tutto nella mia vita fuorché una visione distorta e disprezzante come quella di chi mi accusa e che ha portato il mio nome in giro per tutto il mondo - ha aggiunto tra l’altro Sollecito - con Amanda vivevamo una storia spensierata, nel nostro nido di desideri vivevamo una piccola favola".
La sentenza potrebbe arrivare il 10 gennaio 2014. Al termine dell’udienza di oggi il presidente della Corte, Alessandro Nencini, ha stilato il calendario: le prossime udienze ci saranno il 25 e 26 novembre, 16 e 17 dicembre, 9 e 10 gennaio.
La perizia del Ris
Dopo l'intervento di Sollecito il presidente della Corte ha dato la parola all’ufficiale del Ris, il maggiore Andrea Berti, per illustrare l’esito della perizia sulle tracce genetiche presenti sul coltello sequestrato in casa di Sollecito. La traccia di Dna trovata tra l’impugnatura e la lama del coltello presenta "notevoli affinità" con il profilo genetico di Amanda. "Supportiamo fortemente - ha detto l'ufficiale - che il profilo genetico di Amanda sia presente nella traccia". Secondo l’accusa il coltello da cucina è da considerare l’arma del delitto. La difesa ha sempre sostenuto che il coltello venne sequestrato in casa di Sollecito, all’epoca fidanzato di Amanda, e che è perciò da considerare normale che sia stato usato da Amanda per scopi domestici. A confermare il risultato della perizia tecnica sul coltello, ha precisato il maggiore Berti, vi sono gli esiti dei confronti fra la traccia cosiddetta "I" e i profili genetici di Sollecito, Rudy Guede e Meredith Kercher, dai quali sono emerse "evidenti discordanze".
"Era un esito conosciuto, si sapeva perfettamente che non poteva esserci né il dna della vittima né di Rudy Guede" sul coltello. Lo ha detto Luca Maori, uno dei legali di Sollecito. "La strada di questo processo - ha aggiunto - non è né in salita né in discesa. L’esito di questa perizia è molto importante per far decidere la Corte al meglio".
L’avvocato Maori ribadisce poi che "il coltello venne trovato a seguito dell’intuito investigativo di un appartenente alla polizia giudiziaria che entrando in casa diSollecito e aprendo i cassetti trovò 40 coltelli e pensò che quello fosse l’arma del delitto. Su 40 coltelli, quello fu l’unico controllato. E non ha - ha concluso - caratteristiche compatibili con le ferite sul corpo della vittima".
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