Il nemico è già a casa nostra. Dopo le minacce con slogan come: "Presto domineremo tutta l’Africa ed entreremo a Roma con il volere di Allah", i libici filo-Isis che vivono a Roma sono pronti a colpire. Sono trenta i soggetti controllati dai nostri servizi e che sarebbero sospettati di pianificare attentati nella Capitale. Si tratta di immigrati con normale permesso di soggiorno, alcuni hanno anche ottenuto la cittadinanza, e vivono nella Capitale da anni. Oltre ai quindici libici arrivati in Italia come reduci, dopo l'avanzata dei tagliagole in Libia, altre15 persone sarebbero entrate nella black list dei nostri servizi di intelligence. Questa volta le indagini, come racconta Il Tempo, hanno individuato il luogo di ritrovo dei presunti jihadisti. I libici si ritroverebbero in un fast food halal sulla Nomentana. Il rivenditore di kebab, infatti, sarebbe un locale che vanta strane frequentazioni, ormai da anni. Ma l'inchiesta dell'antiterrosimo non finisce qui. Le filiere su cui si punta per intercettare possibili elementi vicini all’eversione: quella dei reduci di guerra e quella degli immigrati residenti in modo stabile nel nostro Paese. In tutto adesso sono 45 i nomi che compongono la lista di soggetti in odor di jihad.
Un altro "covo" dei libici-jihadisti a Roma è il quartiere di Centocelle, dove molti di questi vivono e operano. "Certe frequentazioni - spiega al Tempo una fonte qualificate - sono particolarmente sospette perché non avvengono all'interno della comunità stessa, e destano interesse proprio per questo". Gli investigatori, infatti, hanno notato contatti tra libici, algerini, tunisi e marocchini, tutti in qualche modo vicini a posizioni estremiste. "Da qui - spiega ancora la fonte - l'incrocio di dati e il controllo dei singoli soggetti come attività preventiva. Al momento non possiamo ancora dire di aver individuato, tra questi, un presunto terrorista. Certo è che sono persone a noi note, che non hanno mai smesso di avere particolari contatti con il paese di provenienza. Alcuni di questi hanno anche partecipato alle varie manifestazioni avvenute nel 2011 davanti all'Ambasciata libica a Roma, contro il regime di Gheddafi, protestando a gran voce e tentando anche di fare irruzione all'intero dell'edificio".
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