Anche a Riace crolla il mito dei migranti. O meglio quello del "sindaco dei profughi", quel Mimmo Lucano tanto osannato da giornali, governi e pure la Tv (visto che la Rai vuole fare una fiction in prima serata sul "modello Riace". Lo Stato, secondo quanto dichiarato da Lucano a Repubblica, avrebbe tagliato i fondi del centro di accoglienza perché alcune rendicontazioni non sarebbero ammissibili.
Partiamo dal principio. Quando Lucano decise di portare i migranti a Riace si disse che era stato un modo per far ripartire l'economia del paese e strapparlo all'abbandono. Tutti a battere le mani, compreso papa Francesco, commosso dalla scelta coraggiosa del primo cittadino calabrese. In realtà, come spiegato da Michel Dessì sul Giornale, "una commissione di funzionari della Prefettura di Reggio Calabria, inviata a Riace per indagare sull'operato del tanto decantato Sprar di quella cittadina della costa ionica reggina, ha avuto modo, nel luglio 2016, di redigere un verbale circostanziato di tutte quelle anomalie, carenze e criticità che lo fanno crollare in fondo alla classifica dei buoni progetti".
E potrebbe essere proprio questa ispezione ad aver fatto crollare il mito del "modello Riace". "Gli strumenti che per anni sono stati considerati rivoluzionari - spiega il sindaco a Repubblica - adesso sono un problema. Da quanto sia stato possibile sapere, perché a noi l'esito delle ispezioni non viene comunicato, le spese inserite nella rendicontazione per i bonus e le borse lavoro negli anni 2014-2015 non sarebbero ammissibili. Dunque niente fondi. E ce lo dicono con tre anni di ritardo". Come spiegava Dessì, i funzionari governativi trovarono alcune fonti di sprechi: "Superano abbondantemente i 500 mila euro le spese senza «pezze d'appoggio», o con giustificazioni poco chiare o raddoppiate. Fra queste, i 12 mila euro per i 9 mila litri di carburante per auto che avrebbero dovuto assicurare la percorrenza di oltre 200 mila chilometri annui ad un automezzo che, in oltre dieci anni di vita, ne ha percorsi, in totale, solo 188 mila. Nessuna giustificazione anche per i 40 mila euro di parcelle per legali ed interpreti. Poco chiare le spese per il fitto di abitazioni (classificate A/3) in uso agli immigrati, di cui mancano attestazioni di agibilità e abitabilità, di proprietà di parenti dei responsabili degli enti gestori lo Sprar: oltre 200 mila euro annui. Senza dimenticare che altri 600 mila euro sono spesi annualmente per stipendiare 70 operatori, non sempre e non tutti con le carte in regola".
Il "modello Riace" aveva fatto parlare di sè soprattutto per i "bonus e le borse lavoro". "I primi sono una sorta di "buoni pasto" - dice Lucano - che i rifugiati possono usare nelle attività convenzionate per fare piccoli acquisti. Quando arrivano i soldi dal Viminale, il Comune versa agli esercenti l'equivalente in denaro dei bonus che i migranti hanno speso". Le borse lavoro invece " permettono di retribuirli e insegnare loro un mestiere" in piccoli laboratori artigianali. A quanto pare, però, questo sisteme "per anni è andato bene. Adesso a quanto pare no".
Il sindaco si lamenta: "Distruggere il sistema Riace significa distruggere il paese - afferma, forse esagerando - La microeconomia nata attorno a bonus e borse lavoro ha permesso all'intera zona di rinascere. Molti giovani, anche italiani, hanno trovato lavoro, molti piccoli commerci sono rimasti aperti. Tutto questo verrebbe meno".
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