Le tre mosse per non arrendersi

"Nessuna resa" sull'emergenza migranti e, soprattutto, sulle ritrosie europee ad affrontare l'ondata prevista di almeno 140mila sbarchi.

Le tre mosse  per non arrendersi

«Nessuna resa» sull'emergenza migranti e, soprattutto, sulle ritrosie europee ad affrontare l'ondata prevista di almeno 140mila sbarchi. Parola di Giorgia Meloni che, in un'intervista al Piccolo, quotidiano di Trieste, Lampedusa del nord per la rotta balcanica, ha ribadito che non ha «nessuna intenzione di cedere all'ideologia della resa che ci aveva reso succubi in Europa sui migranti». Adesso dovrà dimostrarlo con i fatti, sapendo bene che a Bruxelles la strada è sempre in salita. Non è un caso che ieri l'emergenza migranti ed i rapporti con la Ue siano stati centrali nell'incontro con il capo dello Stato, Sergio Mattarella, sui temi di maggiore attualità e difficoltà politica.

I numeri degli sbarchi sono impietosi: dall'inizio dell'anno abbiamo già registrato 27.280 arrivi per la stragrande maggioranza provenienti da Paesi non in guerra. Il dato più allarmante sono i 12.583 migranti sbarcati a marzo con l'inizio della primavera, nove volte di più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Cosa succederà con la bella stagione e l'arrivo dell'estate? Le stime più moderate della Guardia costiera prevedono l'arrivo di 138mila migranti quest'anno.

In «soccorso» alla premier giungono indirettamente le parole della presidente Ursula von der Leyen pronunciate ai suoi commissari l'8 febbraio e mai uscite prima. La «maggior parte dei richiedenti asilo» nell'Ue «non ha bisogno di protezione internazionale». Von der Leyen ha invitato gli Stati membri ad impegnarsi di più sui rimpatri, ammettendo che nemmeno un quinto di chi non ha diritto a restare in Europa viene rimandato a casa. Una bacchettata non indifferente se teniamo conto che nel 2022 sono stati 330mila gli attraversamenti irregolari delle frontiere esterne europee, record dal 2016.

Musica per le orecchie di Meloni che, però, se vuole tamponare l'ondata che si profila all'orizzonte, dovrà avere il coraggio di rompere alcuni tabù. Primo fra tutti una possibile operazione di respingimento, in collaborazione con la Guardia costiera tunisina, come fecero i governi italiani, compreso quello di Prodi, negli anni Novanta con l'Albania, e la stessa Unione europea con la missione Hera in Senegal, che ha prosciugato la rotta verso le Baleari spagnole.

Per farlo bisogna aiutare la Tunisia a stare in piedi con i soldi del Fondo monetario o dell'Europa. Però non si va da nessuna parte, come ha fatto presente nella sua recente visita il commissario Paolo Gentiloni, se continuiamo a tirare le orecchie al presidente Kais Saied, vincolando gli aiuti a un'applicazione svizzera della democrazia. E per la Libia sono sempre ferme ad Adria, in provincia di Rovigo, tre motovedette nuove di zecca per la Guardia costiera di Tripoli pagate dai fondi europei per l'Africa.

Il governo italiano deve consegnarle subito, senza tanti timori per le reazioni automatiche della sinistra e dei talebani dell'accoglienza che vorrebbero sostituire la nostra Guardia costiera con la flottiglia delle Ong.

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