Ong pronte a levare le ancore: così riparte l'assedio all'Italia

Mentre Alan Kurdi e Aita Mari sono ferme sotto sequestro amministrativo a Palermo, le altre navi delle Ong sono pronte a ripartire

Ong pronte a levare le ancore: così riparte l'assedio all'Italia

L’estate è ormai alle porte ma le temperature sono bollenti già da questa primavera se si considera l’imponente numero di sbarchi che è stato registrato fino ad ora lungo le coste della Sicilia. Sono circa 4.445 i migranti sbarcati che si contano in questo 2020 rispetto ai 1.361 dello stesso periodo del 2019. Tra aprile e maggio l’exploit degli arrivi che hanno messo in difficoltà gli amministratori locali già impegnati nel combattere l’emergenza sanitaria dettata dal coronavirus. Per l’imminente stagione estiva si attendono numeri preoccupanti che non lasciano margini per un periodo tranquillo. E in tutto ciò quale sarà il ruolo delle Ong da sempre protagoniste dei salvataggi a largo dalla Libia?

Per rispondere a questa domanda bisogna prima fare un piccolo passo indietro e fermarci alle loro ultime attività. Torniamo quindi alla fine dello scorso febbraio, fase in cui stava per esplodere la pandemia da coronavirus. In quel periodo, l’ultima Ong ad operare prima del lockdown è stata la la Sea Watch 3, giunta a Messina con a bordo 194 migranti salvati in 3 operazioni diverse. Poi c’è stato lo stop generale determinato dal Dpcm che ha vietato gli ingressi in Italia ma anche i movimenti all’interno della nazione stessa.

È stato il 17 aprile scorso che si è sentito parlare nuovamente di migranti salvati dalle Organizzazioni Non Governative. Nel caso specifico si è trattato della Alan Kurdi che, dopo aver recuperato 150 migranti lontano dalle coste della Libia, ha trovato come porto sicuro quello di Palermo. L’approdo è avvenuto dopo 12 giorni di attesa perché i membri dell’Ong tedesca si erano rifiutati di seguire la procedura per l'accoglienza in Germania. In Italia, per via del coronavirus, i porti erano stati dichiarati non sicuri.

Dopo questo tira e molla, è stato deciso di far trascorrere la quarantena ai migranti a Palermo, in rada, a bordo di una nave quarantena: la Rubattino della società Tirrenia. Come si ricorderà è stato in quel periodo che il presidente della Regione Siciliana e gli amministratori locali hanno alzato la voce per ricevere dal governo nazionale delle apposite navi dove far trascorrere la quarantena ai migranti. Dopo l’arrivo della Alan Kurdi a Palermo, il giorno successivo è giunta anche quella spagnola dell’Aita Mari con a bordo 36 migranti recuperati, anche in questo caso, non lontano dalle coste della Libia. Gli extracomunitari sono stati pure ospitati all’interno della nave Rubattino.

Nella prima decade di maggio sia la nave tedesca che quella spagnola sono state sottoposte a sequestro amministrativo da parte della Guardia Costiera dopo un’apposita ispezione. All’interno delle due imbarcazioni sarebbero state riscontrate delle irregolarità. Queste ultime, secondo quanto diffuso in una nota di LaPresse “ potrebbero compromettere la sicurezza non solo degli equipaggi, ma anche delle persone che sono state e che potrebbero essere recuperate a bordo, nel corso del servizio di assistenza svolto”. Dunque, fino a quando le irregolarità non verranno meno, le navi non potranno ritornare in attività.

Il provvedimento di fermo amministrativo ha sollevato non poche polemiche da parte dell’ Alan Kurdi usata dall’Ong tedesca Sea Eye. Questa ha anche parlato di “molestie” da parte del governo italiano. Da parte dell’Ong spagnola invece non vi è stata ancora alcuna reazione. Ma intanto le due Ong nelle loro pagine Twitter hanno lanciato un appello per far ripartire le due navi. Questo quanto si legge in diversi cartelli: #FreeAlanKurdi e #FreeAitaMari.

Ferma in porto è anche la Ocean Viking, la nave dell’Ong francese Sos Mediterranée protagonista dallo scorso settembre e fino a febbraio di numerosi sbarchi nel nostro Paese. L’organizzazione, dalla seconda metà del 2019 e fino allo scoppio dell’emergenza coronavirus, è stata la più attiva nel Mediterraneo centrale ed è stata anche la prima a portare il proprio mezzo in acque italiane quando si è insediato il nuovo governo di Giuseppe Conte.

Per adesso la Ocean Viking è a Marsiglia, ancorata all’interno del porto francese in attesa di ripartire. Il 20 marzo scorso, quando anche in Francia iniziavano ad essere applicate le norme di distanziamento sociale anti coronavirus, in tweet sul proprio canale social i membri di Ocean Viking hanno fatto sapere di essere pronti a ripartire non appena possibile. Quando l’Ong francese potrà riprendere la via del Mediterraneo centrale però, farà a meno di Medici Senza Frontiere, l’associazione che negli ultimi anni ha dato manforte prima sulla Aquarius e successivamente proprio sulla Ocean Viking.

Tra le due organizzazioni sono stati registrati dissidi e dissensi proprio sull’opportunità o meno di ripartire: “La nostra priorità è riprendere al più presto le nostre operazioni in modo responsabile, in condizioni che ci permettano di garantire la sicurezza dei nostri team e delle persone soccorse – si legge nella nota con la quale Sos Meditarranée ha comunicato il divorzio da Medici Senza Frontiere – Tuttavia riteniamo che, a causa della forte perturbazione del settore marittimo e delle reazioni degli Stati, tali condizioni non siano attualmente soddisfatte”. L’equipaggio della Ocean Viking è stato il primo a trascorrere 14 giorni in quarantena a bordo della nave una volta esplosa l’emergenza sanitaria in Italia, forse anche per questo l’Ong francese vuole continuare ad aspettare prima di tornare in mare. Una scelta però che, secondo anche diversi media transalpini, non è stata condivisa da Medici Senza Frontiere. Da qui il divorzio che ha causato di fatto la prima spaccatura all’interno del fronte delle Ong.

Ancorata in porto anche un’altra nave protagonista della stagione più calda riguardante le Ong, ossia la Mare Jonio. Il mezzo di Mediterranea Saving Humans, ossia l’organizzazione che ha avuto come capo missione l’ex no global Luca Casarini, si trova a Trapani. Nelle settimane scorse, i membri dell’Ong italiana hanno a più riprese fatto sapere di voler riprendere con le missioni ma anche di dover rispettare le attuali norme sul distanziamento sociale. Proprio le misure anti Covid starebbero per il momento impedendo all’equipaggio di riunirsi, tuttavia l’Ong non ha mancato di far sentire la sua voce nei giorni scorsi tramite i social. Ad esempio è intervenuta, tra le altre cose, sul voto della giunta per le immunità del Senato che ha sbarrato la strada del processo a Matteo Salvini sul caso Open Arms: “Dai processi scappa chi ha paura e questa è l'ennesima fuga – ha dichiarato ad AdnKronos la portavoce Alessandra Sciurba – un regalo a chi cerca l'impunità perché sa di avere violato i principi fondativi della nostra Costituzione e del diritto internazionale che è superiore ad ogni decreto”.

A proposito della Open Arms, la nave dell’omonima Ong spagnola dovrebbe trovarsi ancorata anch’essa all’interno di un porto proprio in Spagna. A marzo è stata tra le prime organizzazioni a tuonare contro la prospettiva del blocco delle missioni nel Mediterraneo: “Il coronavirus non è l’unico problema – aveva fatto sapere il presidente Riccardo Gatti – In Libia si continua a morire ogni giorno”. Dopo queste frasi, non molto apprezzate sui social, la Open Arms ha iniziato a pubblicare foto di propri membri impegnati come infermieri e medici negli ospedali spagnoli ed italiani contro il Covid. Si trova ancora in Sicilia la Sea Watch 3, ossia la nave che, come detto ad inizio articolo, è entrata all’interno del porto di Messina il 26 febbraio scorso con 194 migranti a bordo. Il mezzo si trova ancora oggi nello scalo della città peloritana, pronto a ripartire non appena sarà possibile.

Tra navi sotto sequestro e mezzi forzatamente in porto, per adesso non ci sono navi impegnate lungo la rotta libica dell’immigrazione. Tuttavia, l’impressione è che le Ong stiano semplicemente scaldando i motori in attesa che inizi anche per loro la “Fase 2”. Fino ad ora le attività delle Ong sono rimaste ferme anche perché la chiusura dei porti decretata dal governo italiano ha influenzato la loro capacità di agire. Con la riapertura dei confini (fissata al 3 giugno) anche questo limite dovrebbe venir meno e, di conseguenza, le Ong potranno riprendere le loro missioni nel Mediterraneo centrale.

In poche parole, l’estate del 2020 non mancherà di vedere protagoniste, come negli anni precedenti, tutte

le varie navi pronte a raccogliere barchini e gommoni a largo delle coste nordafricane. Una circostanza da non sottovalutare per comprendere cosa ci si può aspettare, sotto il fronte migratorio, nelle prossime settimane.

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