Il 5 settembre del 1972, durante le olimpiadi di Monaco, alcuni terroristi di Settembre nero presero in ostaggio e uccisero 11 atleti israeliani. Fu un vero e proprio massacro davanti al quale l'Occidente si interrogò su come agire in maniera efficace in situazioni simili dove sangue freddo e velocità potevano e dovevano fare la differenza. L'Italia rispose con il Gis, il Gruppo di intervento speciale dei Carabinieri.
"La via italiana - ci racconta il generale Carmelo Burgio, autore di G.I.S. La vera storia del Gruppo d'Intervento Speciale. La nascita, le missioni, le testimonianze dei protagonisti - "fu quella di orientarsi verso l'uso di strutture dell'Arma dei Carabinieri, una forza essenzialmente di polizia, mentre altri Paesi, come il Regno Unito, impiegarono attività delle Forze armate, come il Sas britannico. L'obiettivo del Gis era quello di contrastare il terrorismo, che in quegli anni era in grado di compiere operazioni con un'elevata connotazione militare. Quel tipo di minaccia - prosegue Burgio - non poteva più essere contrastata con i semplici metodi della polizia, ma doveva essere affrontata con metodi che dovevano avere una spiccata connotazione militare".
I carabinieri, in particolare il Battaglione Paracadutisti Tuscania, rappresentavano la scelta ideale. Qual era l'obiettivo di questo nuovo reparto? "Agire contro i terroristi usando il metodo del raid", ci spiega il generale. "Se con un obiettivo militare il raid poteva essere orientato della distruzione più o meno generalizzata dell'obiettivo, qui bisognava cercare di salvare prima di tutto l'ostaggio e anche il terrorista, che poteva essere una fonte di informazioni importanti". Il Gis agisce in velocità, sfruttando soprattutto l'effetto sorpresa: "Lo fa in maniera chirurgica. Non distrugge tutto, ma neutralizza solo parti dell'obiettivo, preservando le altre".
Chi crede che il Gis abbia bisogno di spacconi si sbaglia di grosso. "I ragazzi vengono addestrati a compiere azioni potenzialmente connotate da una grande violenza. La prima qualità è quindi quella di avere gente con la testa sulle spalle che non faccia fesserie. Può sembrare una stupidaggine ma non lo è. A sparare bene si impara. Ad attraversare una palude si impara. Ma se non hai la calma, la capacità di frenarti ed evitare di arrivare all'espressione massima della violenza, allora non va bene. Non è un reparto per esaltati o per robot. La freddezza non è gelida. È la freddezza di chi sa darsi una regolata per non fare guai. Se c'è il buonsenso si può fare tutto. È così anche nel Tuscania, dove agisce un vero e proprio filtro. Quando giravo per le camerate, non trovavo giornali a fumetti, ma libri scritti da autori importanti.
Mi trovavo davanti ragazzi che si volevano fare una cultura, un'opinione, e che avano tantissimi altri interessi. Non passavano la vita a pensare al lancio e alle incursioni. Quelli sono un aspetto della vita, ma quei ragazzi avevano una visione un po' più ampia. Ed era quello che cercavamo e volevamo".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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