Le grida di libertà diventano urla di dolore. Muoiono in gola, si perdono nelle mura di casa. La testa rasata, i pugni in faccia, le frustate sulla schiena fino a far sgorgare il sangue. Ogni giorno aumenta il numero di ragazze musulmane che vivono in Italia, ma sono costrette dalle loro famiglie islamiche a seguire i dettami della cultura di origine (guarda il video).
La cronaca delle ultime settimane dimostra che esiste il problema "integrazione". Bella scoperta, direte. Certo: ma i casi di violenza degli ultimi giorni suonano come un pugno sul volto di chi non vuol capire che i moderni valori nostrani e quelli di estrazione musulmana cozzano. E non poco. Altro che multiculturalismo. Molte giovani musulmane vorrebbero "vestire all'occidentale", vivere come vivono i loro coetanei italiani. Innamorarsi di un cristiano, sposarsi per amore e non per costrizione. E invece nell'Europa delle libertà sono obbligate a indossare il velo, a maritarsi da bambine e a subire frustate dai genitori per i loro comportamenti fuori dai dettami coranici.
Non tutte le famiglie musulmane sono così, ovvio. Ma il problema esiste ed è folle nasconderlo. Chiedetelo a Fatima, la 14enne del Bangladesh cui la madre ha tagliato i capelli a zero. Appena uscita di casa, si toglieva il velo che era obbligata a mettere e mostrava ai compagni di classe la bella chioma. Era il suo piccolo segreto. Al suono della campanella si rimetteva l'hijab in testa e fingeva di apprezzare i dettami di Allah. Una sera la famiglia ha scoperto tutto. La madre le ha estirpato i capelli: uno ad uno, annullando la sua femminilità.
Quando intervistai un importante imam della setta dei Tabligh Eddawa, movimento radicale islamico, mi spiegò che il Corano prescrive di "battere le donne nei loro letti" per far capire loro gli "errori commessi". Se picchiate "senza esagerare", non si commette una violenza. Forse non la pensava così la 15enne marocchina di Pavia quando ha saggiato sul suo corpo indifeso le frustate del padre e le bastonate del fratello. "Non meriti di vivere, sei una putt..., se muori è meglio", le dicevano accusandola di avere comportamenti "troppo disinvolti". "Tu non sei come noi, vuoi essere come le tue amiche italiane, solo le putt... si vestono come te...". I giudici sono intervenuti per allontanarla dalla famiglia.
Un altro padre-padrone è il 38 kosovaro finito in manette a Siena. La figlia è arrivata a scuola piegata in due dalle botte e dolorante. La sua colpa? Non aver indossato il velo ed essere refrattaria nell'imparare a memoria il Corano. La polizia ha scoperto che la giovane "viveva in un contesto familiare isolato", "non poteva intrattenere alcun rapporto con i coetanei" e "doveva seguire i precetti più radicali della religione islamica". Tutti, nessuno escluso: a partire dalla subordinazione all'uomo.
Non è un caso quindi se nel Belpaese ogni anno circa 2mila bambine sono obbligate a sposare adulti che non hanno mai conosciuto. Vendute dalle loro famiglie come semplici oggetti. A Torino una 15enne egiziana ha chiesto aiuto ai servizi sociali per impedire che il padre la costringesse a sposare un uomo di 10 anni più grande di lei. Dalla disperazione ha pure tentato il suicidio. E la madre? Anche lei la isolava e la pestava, complice dell'orrore e guardiana dell'onore islamico della famiglia.
Di mogli e figlie picchiate perché preferiscono i jeans al burqa gli archivi della cronaca locale sono zeppi. E molte delle aggressioni rimangono relegate nelle silenziose mura domestiche.
La settimana scorsa altri due casi: a Bassano del Grappa la ragazza si è presentata a scuola con il volto tumefatto per le botte prese dal padre musulmano; a Sant’Anastasia una 28enne ha rifiutato il burqa ed è stata chiusa in bagno dal marito 51enne che poi l'ha presa a calci e pugni. Perché per tante famiglie straniere in Italia, la Sharia è già legge. La legge della violenza.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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