Veneto: tonnellate di rifiuti inquinati, "così si fanno le strade"

Sono 280 mila le tonnellate sequestrate dalla Direzione distrettuale antimafia di Venezia. L'azienda stava attendendo un altro grosso appalto per poterli scaricare, nonostante le diffide della Regione.

Veneto: tonnellate di rifiuti inquinati, "così si fanno le strade"

“Aspettavano di avere un altro grosso appalto per poter scaricare il materiale contaminato”. E’ l’inchiesta sul caso scoppiato in Veneto del traffico illecito di rifiuti. Sono 280 mila le tonnellate di rifiuti sequestrate in due cave, una a Noale in provincia di Venezia e una a Paese, in provincia di Treviso, nella discarica Castagnole.

Duecentottantamila, il che vuol dire 10 mila autoarticolati messi in fila pieni zeppi di sostanze inquinate. Due cave gestite dalla azienda Cosmo di Noale, una delle più influenti ditte nel mondo delle infrastrutture, fondata nel 1960 e specializzata nel recupero e smaltimento di rifiuti pericolosi e non, nelle bonifiche e nella realizzazione di discariche e manufatti in calcestruzzo. E tra i lavori spiccano il famoso passante di Mestre, il casello autostradale di Noventa di Piave, l’aeroporto Marco Polo di Venezia, l’Ikea e il parco San Giuliano di Mestre. Ora si tratterà di capire in quali strutture possano esserci materiali inquinanti.

Perché la storia è questa: tutto comincia nel 2015 da un’intercettazione della Guardia di Finanza dove si parla di presenza di amianto in una cava. Da lì scattano le indagini, coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Venezia, da parte dei carabinieri forestali del nucleo di Mestre che con l’Arpav scoprono una illiceità gestionale nel trattamento dei rifiuti. È il 2013, infatti, quando la Cosmo comincia a depositare questo materiale nelle cave in questione. I rifiuti arrivavano da ogni dove, prevalentemente dal Veneto, dal Friuli Venezia Giulia e da alcune bonifiche fatte a Trieste. Poi una volta giunti a destinazione, l’azienda, che avrebbe dovuto ripulire i rifiuti dagli elementi inquinanti come rame, nichel, piombo, selenio e pure frammenti di amianto, li miscelava assieme ad altri rifiuti. In questo modo diminuiva la componente inquinante e poi aggiungeva calce e cemento da usare come sottofondo nei manti stradali. Insomma tonnellate di rifiuti per farci le strade.

I rifiuti, dopo essere stati trattati, non rispettavano, quindi, i parametri imposti dal decreto ministeriale del 5 febbraio 1998 “Individuazione dei rifiuti non pericolosi sottoposti alle procedure semplificate di recupero". Non rispettando i parametri, i rifiuti diventano pericolosi, non ecocompatibili. La Cosmo al posto di rimuovere gli elementi inquinanti come avrebbe dovuto fare, faceva una mera diluizione e poi aggiungeva calce e cemento. Da qui si otteneva un innalzamento del ph, creando con il tempo problemi di rilascio dell’inquinante nell’ ambiente e cedimento dei materiali. E se quei materiali servivano a fare le strade, il cedimento è ancora più preoccupante.

Sostanze cangerogene, anche se a oggi non si hanno né prove, né documentazione di alcuni casi di tumore dovuti proprio alla presenza di questi rifiuti sequestrati. Il materiale sequestrato, simile al ghiaino, dal colore grigio scuro misto a marroncino, è relativo ai depositi effettuati nel 2015-2016. I precedenti depositi sono finiti in qualche struttura dove la gente poggia i piedi ma a oggi ancora non ci sono conferme che anche questi materiali siano stati trattati senza essere stati ripuliti. Per il materiale invece depositato dopo il 2016, questo giochetto di diluire i rifiuti inquinanti con calce e cemento, è diventato più difficile perché la Regione ha imposto parametri più rigidi.

E infatti il Bur della Regione, il 106 del 23 ottobre 2018, alla pagina 194, prevede l’autorizzazione “alla ditta Cosmo Tecnologie Ambientali Srl a effettuare operazioni di miscelazione di rifiuti pericolosi e non pericolosi presso l’installazione sita in via Mestrina 46 X, Noale, (Venezia) integrando a tal fine l’autorizzazione integrata ambientale”. Un’autorizzazione lecita, vista anche la documentazione richiesta per ciascun gruppo di miscelazione e per ciascun tipo di rifiuto, che molti hanno visto come autorizzazione a far sì che la Cosmo potesse creare un mix di sostanze inquinanti esplosive.

In realtà, spiega una fonte al Giornale.it, “la Regione ha rilasciato legittimamente l’autorizzazione, i presupposti sono legittimi. La Regione aveva facoltà di farlo, a patto che l’azienda facesse un’attività di recupero, affinché queste sostanze inquinanti venissero tolte o rese inermi”. E ci sono due modi infatti per ripulire il rifiuto: o togliere le sostanze inquinanti, o neutralizzarle. Cose che non sono state fatte per cui la Regione oltre a mettere una serie di paletti, aveva anche fatto tutta una serie di diffide. Diffide che l’azienda non ha minimamente rispettato.

Ora l’accusa è di traffico illecito di rifiuti, o meglio “Attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti”, un reato introdotto nel codice penale all’articolo 452 quaterdecies che prevede la pena da uno a sei anni.

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