Ne resterà soltanto uno. E Denis l’immortale ce l’ha fatta un’altra volta. Alla fine l’ex senatore di Ala, Verdini è stato assolto dall’accusa di far parte della P3 e se l’è cavata solo con una condanna a un anno e tre mesi (e una multa da 600mila euro) per il finanziamento illecito al partito: la procura aveva chiesto una pena a 4 anni. La prima verità processuale sulla loggia è arrivata. I giudici della IX sezione penale di Roma hanno condannato a 6 anni e 6 mesi il faccendiere Flavio Carboni – l’uomo d’affari condannato per il crac del Banco Ambrosiano e imputato ma assolto per l’omicidio del banchiere Roberto Calvi – e a 4 anni e 9 mesi per l’imprenditore Arcangelo Martino. Insomma, la loggia segreta P3 è esistita ma, secondo i giudici, Verdini non ne faceva parte. Obiettivo della P3, secondo le accuse, era quello, «di condizionare il funzionamento degli organi costituzionali, nonché di apparati della pubblica amministrazione dello Stato e degli enti locali, con l’obiettivo di rafforzare sia la propria capacità di penetrazione negli apparati medesimi mediante il collocamento, in posizioni di rilievo, di persone a sé gradite, sia il proprio potere di influenza, sia la propria forza economico finanziaria». Accuse «gravi ed infamanti», come le definisce Verdini. Erano 18 le persone finite a processo nel 2010, solo 8 le condanne oggi: la maggior parte dei reati sono caduti in prescrizione, come l’abuso d’ufficio a Ugo Cappellacci, ex presidente della Regione Sardegna. Tra i condannati, invece, sempre per abuso d’ufficio, l’ex primo presidente della Cassazione, Vincenzo Carbone: 2 anni. Per i reati non legati alla P3 è stato condannato a 10 mesi per diffamazione e violenza privata l’ex sottosegretario all’Economia, Nicola Cosentino. E ora Verdini si prende la sua rivincita: «Uno squarcio di luce alla fine di un tunnel interminabile, che mi rende giustizia dopo le tante falsità che hanno dolorosamente segnato la mia vita e quella della mia famiglia. In questi anni io non ho tramato, ho solo fatto politica, cosa che per il momento non costituisce fortunatamente reato.
Resta l’amarezza per la condanna a un presunto finanziamento illecito che è stato invece utilizzato per pagare gli stipendi di un’azienda giornalistica». Verdini si riferisce al Giornale della Toscana, del quale era editore e che poi è fallito, insieme alla sua banca.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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