È stato uno degli artisti più iconici e fuori dagli schemi che hanno trovato successo nel corso degli anni ’70 e ’80. Oggi, Miguel Bosé a 66 anni è una star sotto tutti i punti di vista. Diventato un personaggio "scomodo" durante le fasi più accese della pandemia a causa delle sue tesi – controcorrente – su Covid e vaccini, nonostante ciò la sua stella brilla ancora alto nel cielo dei più grandi. E, proprio con l’ottica di celebrare un mito ancora vivente che viene realizzata una serie tv da sei episodi sulla vita di Miguel Bosé. È il nuovo colosso di Paramount+ che acquista e produce il grande evento, arricchendo il proprio catalogo con un prodotto che sta facendo molto discutere. I primi due episodi sono disponibili in piattaforma da giovedì, i restanti arriveranno a cadenza settimanale.
Bosé, questo è il titolo della fiction, è un viaggio di cuore e di pancia nella vita dell’artista, che si focalizza non sono sulla sua crescita personale fin da quando era un ragazzo di appena venti anni, ma affronta a testa alta il rapporto conflittuale con il padre, il tenero legame con la madre, e aprendo anche una parentesi sulle sue vicissitudini personali, raccontando l’omosessualità di Bosé che per un lungo periodo di tempo è stata tenuta segreta. Una serie di ottima fattura che, purtroppo, cade nella spirale dell’autocommiserazione, facendo perdere alla narrazione la sua potenza visiva ed emozionale.
Il ragazzo che voleva essere una star
Bosé è un viaggio tra passato e presente in cui, alla vita dell’artista da adulto, si sovrappongono le immagini di un ragazzino affamato di arte e di successo. La storia prende il via durante un concerto in cui Miguel racconta gli inizi della sua carriera. Figlio di una figura di spicco della corrida e di un’attrice volubile ma al passo con i tempi, Bosé fin da subito mostra le caratteristiche lampanti dell’artista che tutti abbiamo imparato a conoscere. Sono gli anni ’70 e c’è tanta speranza per un futuro radioso. Dai primi passi nel cinema, dai suoi amori a Roma, fino al suo primo contratto discografico. La vita di Bosé è stata un susseguirsi di prove di coraggio, ma su tutto, vinceva la voglia di vivere del suo stesso successo e di essere, finalmente, ben visto dal padre. I primi due episodi regalano uno ampio spettro di indagine su quella che è stata la "gittata" del grande successo ottenuto da un giovane Bosé.
Un ritratto di un’epoca che fu
Alla foto di un ragazzino di belle speranze che era in continua lotta tra cosa è giusto e cosa è sbagliato, si delinea anche un contesto storico di ampio respiro pieno di luci e ombre. Sono gli anni ’70, esattamente è il 1975, e Madrid esce dal regime totalitario di Francisco Franco (che si era instaurato dal 1939) facendo emergere tutto il meglio di un Paese intriso di storia, di colori, di musica e di tradizioni. A questa immagine di una Spagna variopinta, si aggiunge il ritratto di Roma e di una capitale in pieno fermento, dove il cinema arriva al momento di massimo splendore, e nel momento in cui tutta la città diventa un set a cielo aperto. Bosé riesce a cavalcare l’onda del cambiamento, e a trovare spazio in un contesto in cui si respirava la voglia di osare e di mettersi in gioco. E, soprattutto, dove essere un "diverso" era una marcia in più.
Ma… c’è anche la storia di Lucia Bosé
La fiction non è solo un ritratto eccessivo ma, al tempo stesso, molto edulcorato sulla vita di Bosé, è anche la storia di una donna forte che ha sempre creduto nel talento del proprio figlio. Spicca l’interpretazione italiana di Valeria Salarino che interpreta Lucia Bosé, la madre di Miguel. Da sempre – come anche nella realtà- è stata una donna al passo con i tempi e che ha sempre creduto nel potere salvifico dell’arte. Attrice di successo, negli anni ’60 il suo divorzio da Luis Miguel Dominguin sotto il regime di Franco ha fatto scandalo, ma questo non ha influito sulla sua immagine. Anzi, da sempre è stata apprezzata proprio per il suo spirito anticonvenzionale. La Salarino entra a gamba tesa nel ruolo, regalando un’interpretazione sentita e degna di nota che brilla quasi quanto quella di Josè Pastor, nel ruolo di un Bosé da giovane. Alla storia di Miguel c’è anche quella di una madre che, fino all’ultimo, è sempre stata dalla parte del figlio, supportandolo nelle sue scelte.
Perché vedere la serie tv?
Essendo una biografia è normale che sia aderente – più o meno – alla realtà, ma Bosé altri non è che un’eccessiva biografia di un uomo che ha vissuto la sua vita a mille, diviso tra fama, sesso, soldi, alcol e droga. Al Bosé artista si fa luce il Bosé uomo, fragile, poco sexy, effeminato, insicuro del suo talento ma disposto a tutto pur di raggiungere la vetta. La serie piace perché è un bel ritratto dell’uomo che c’è dietro l’artista ed è da vedere anche solo per riascoltare le hit che hanno lasciato un segno nella musica di oggi. Per il resto, è una biografia troppo eccessiva per piacere proprio a tutti.
L’uomo dietro l’artista: chi è il vero Miguel Bosé
Oggi non vive più in Italia ma la sua immagine è entrata nella storia. Di fatto, la sua carriera ha vissuto varie “ere”: da quella degli anni ’70 in cui cantava in spagnolo, alle hit in inglese a quelle italiane (degli anni ’90). È stato oltre che cantante anche attore, ma all’inizio veniva scelto solo perché era un ragazzo minuto e dal fascino seducente. Infatti, le sue prime opere erano dei lavori con storie molte spinte al limite dell’erotico. Ha partecipato a Suspiria di Dario Argento e ha spiccato nel ruolo di un travestito in Tacchi a Spillo di Almodovar. Dopo una relazione con Ana Obregon, Bosé si è dichiarato omosessuale. Vive la sua storia d’amore lontano dalle luci della ribalta e dei social ma, nel 2013, ha fatto molto discutere la notizia della nascita di due gemelli grazie alla maternità surrogata. Celebre, infatti, è la sua intervista rilasciata alla rivista Shangay.
Il divo che ha negato l’esistenza della pandemia
Ci sono ombre però su Bosé.
Nel 2020, ad esempio, è stato più volte oscurato dai social perché ha diffuso fake news su Covid e vaccini, arrivando persino a mettere in discussione l’esistenza stessa della pandemia. Ha ricevuto un coro di dissensi da molti esponenti della musica. Tra questi è stata celebre la critica molto colorita di Ornella Vanoni.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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