Altro che femminismo La libertà delle donne è nata da Fluxus e punk

In esposizione a Bologna Yoko Ono, Shigeko Kubota e le altre che hanno cambiato l'arte degli anni '70. Nel nome del corpo

Altro che femminismo La libertà delle donne è nata da Fluxus e punk

Volendo credere al fascino suggestivo di anniversari e ricorrenze, l'anno che sta per finire ci ricorda che, inesorabilmente, è passato mezzo secolo dalla nascita di Fluxus (era il 1962) mentre sono 35 quelli che ci separano dall'affermazione del Punk, che fissiamo nel 1977 con la pubblicazione del primo e unico album dei Sex Pistols, anche se diversi puristi potrebbero obiettare che i germi erano nell'aria ben prima.

Perché dunque mettere insieme la compagine più astrusa, folle e velleitaria dell'arte contemporanea e la tendenza musicale passata alla storia per la sua violenta irriverenza, la furia distruttiva e lo sprezzo verso qualsiasi regola sintattica? La risposta è che entrambe rappresentano l'ultima avanguardia nei rispettivi ambiti, l'ultimo episodio del cosiddetto moderno, ovvero la teoria di un linguaggio che rompa con il passato e lo superi, dotato di forza propulsiva e dissacrante in cui la provocazione non è solo pretesto estetico ma altresì condizione necessaria.

Fluxus e Punk sono movimenti deterritorializzati e quindi già globali, non hanno bisogno di manifesti né di regolamenti interni. L'improvvisazione prende il posto dell'accademismo e il loro primo merito è quello di aver liberato il campo da un equivoco durato anche troppo: ovvero che un artista (o un musicista) debba essere capace di fare (o di suonare). Dopo decenni in cui la pittura informale si ripete in uno stanco cliché, insistendo sulla fragilità dell'Io dell'artista, dopo inutili virtuosismi e interminabili assoli di chitarra, Fluxus e Punk buttano all'aria tutto, detestano ciò che hanno prodotto i loro fratelli maggiori e non hanno nessuna intenzione di lasciare eredità né fare proselitismi.

Rispetto alla seriosità delle avanguardie che furono e che saranno, in questi due fenomeni genialità e improvvisazione vanno a braccetto con cialtronismo e impostura, infatti ancora non è chiaro se la furia distruttiva e iconoclasta sia sufficiente per passare alla storia o se piuttosto sia determinante l'aiuto del contesto (il museo) o una campagna stampa ben organizzata. Basti soffermarsi sulla figura dei rispettivi guru: per Fluxus John Cage, uno che ha insegnato a generazioni di artisti senza essere specializzato in niente di particolare, per il Punk Malcom McLaren, capace di costruire un fenomeno mediatico a tavolino sovvertendo regole e convenzioni del business musicale facendo un sacco di soldi. Ciò che conta non è l'oggetto ma l'atteggiamento, e infatti si fa fatica a definire cosa sia Fluxus e cosa no, e sotto la voce Punk è finito davvero di tutto, basta che sia sgrammaticato e stonato.

Gli artisti Fluxus usano qualsiasi linguaggio ma, come accadrà nel Punk, l'elemento fondamentale è il corpo poiché rende necessaria la partecipazione all'evento e successivamente una narrazione in termini spesso mitici, comunque esagerati. Anche i concerti dei Sex Pistols andranno considerati come una performance in pieno stile avanguardista, che infatti il critico musicale Greil Marcus nel fondamentale saggio Tracce di rossetto già vent'anni fa collegò alle esperienze dada e situazioniste. Aspetto che invece si sottolinea meno, e che invece rappresenta il collante più significativo tra le due esperienze, è l'importante presenza femminile, fatto ancora anomalo negli anni '60 e '70. A Fluxus partecipano non solo Yoko Ono (le sue azioni attirano l'attenzione di John Lennon), ma anche Charlotte Moorman che si fa scultura vivente per Nan Yune Paik, Carolee Schneemann (nella performance Interior Scroll estrae dal sesso un rotolo di carta su cui ha scritto una poesia) e Shigeko Kubota, autrice di Vagina Painting, difficile immaginare un dipingere più estremo. Tutti questi materiali e documenti sono visibili nella mostra «Women in Fluxus & Other Experimental Tales» allestita a Palazzo Magnani di Reggio Emilia (fino al 10 febbraio 2013) che sul gruppo offre uno sguardo non convenzionale e finora solo parzialmente studiato. Non sono intenti femministi che spingono le donne a denudarsi ma la completa dichiarazione di autonomia del proprio corpo a fine provocatorio.

Nel Punk tale atteggiamento si radicalizza ancor più: le performance in topless di Siouxsie; l'ex spogliarellista Wendy Williams con i Plasmatics simula atti sessuali sul palco; le tre Slits si presentano seminude sulla copertina dell'album The Cut, mentre Lydia Lunch, eroina trasgressiva ben più violenta di Patti Smith recita nei film indipendenti simil porno di Richard Kern. Senza dimenticare i collage di Linder, artista di Manchester, che ne rappresenta l'aspetto visuale oggi apprezzato sul mercato internazionale.

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