Dalla Cina al ritorno di Muti. Il "rinascimento" della Scala

Il sovrintendente Pereira e il direttore Chailly annunciano il loro programma. "La Prima 2015 con il Verdi di Giovanna d'Arco. Vogliamo più recite e sponsor"

Dalla Cina al ritorno di Muti. Il "rinascimento" della Scala

Ieri i due nuovi capitani del teatro alla Scala si sono presentati alla stampa. Non resta che creare la nuova squadra di lavoro e tradurre nella concretezza, o raffinare, parte dei progetti messi su in pochi mesi. Alexander Pereira e Riccardo Chailly hanno così fatto la loro prima uscita pubblica nella veste ufficiale: il primo di sovrintendente (dall'ottobre 2014), e il secondo di direttore musicale. La Scala si preannuncia più internazionale quanto a visibilità, anzitutto discografica, aperta ai giovani e - questo il nodo cruciale - rispettosa dell'italianità di cui questo teatro era icona. Precisazione sui titoli. Chailly sarà direttore musicale dal 2017 e direttore principale per il 2015 e 2016. Perché differenziare? «Ho chiesto di avere un titolo diverso per integrare la mia vita e calendario con quello che potrò fare a Milano», ha spiegato Chailly, 60 anni, di Milano, legato all'orchestra del Gewandhaus di Lipsia fino al 2020 e dunque intenzionato a conciliare i due importanti ruoli in modo progressivo. «Un direttore impegnato solo con una istituzione non può essere che di terza categoria. Deve collaborare anche con altri enti», ha rimarcato Pereira. Che a Chailly, oltre alla Turandot (con Finale di Luciano Berio) che nel maggio 2015 apre l'Expo, affida altre due opere sempre nella fase Expo: Giovanna d'Arco di Verdi, per l'apertura di stagione 2015/16 (non va in scena alla Scala da 150 anni) e Fanciulla del West di Puccini. Puccini è compositore nelle corde di Chailly che alla Scala intende portare titoli assenti come Le Villi, La Rondine, Edgar e Manon Lescaut nella versione meno percorsa. Promette inoltre più Donizetti e Rossini. «Il repertorio italiano è la nostra priorità e responsabilità», ancora Chailly che vuole ripercorrere le «radici della Scala» e riportare a Milano direttori nel dna scaligero. In primis Claudio Abbado e Riccardo Muti. Chailly dirigerà poi concerti sinfonici, anche nella stagione dell'Orchestra filarmonica della Scala, complesso che frequenta da tempo e con il quale ha firmato un cd, Viva Verdi, che è l'incisione di classica più venduta in Italia. Un grande artista come Chailly, dice Pereira, è il volano per attrarre alla Scala grandi direttori da tempo assenti o mai venuti a Milano. Il sovrintendente pensa a una Scala in grande, di peso (finalmente) internazionale. «Dobbiamo controllare i costi, ma non voglio neppure essere limitato nel fare arte, altrimenti facciamo una piccola Scala». Quindi si attiverà mettendo in campo la sua nota abilità nell'attrarre mecenati e sponsor. «Milano non è una città molto povera», ha detto. E comunque già sta creando circoli di Amici della Scala nel mondo, a partire dalla Svizzera, Paese che ben conosce dopo gli anni trascorsi nel teatro di Zurigo: rinato. Promette una Scala più produttiva, aumenteranno le recite, ma «se si fa di più, aumentano i costi, quindi vuol dire che gli sponsor devono contribuire di più», ammonisce. Scala che si apre al mondo: in tutti i sensi. Si sa, i laboratori di scene e costumi scaligeri, attivi all'Ansaldo, sono botteghe d'arte con pochi pari al mondo. Peccato farli operare in ambiti di bassa manovalanza, dice Pereira, quindi «le cose semplici le faremo fare da altri, in Cina per esempio, così da ridurre anche i costi e fare in modo che i laboratori della Scala si concentrino sulla produzione di qualità».
Tradizione, per Pereira, vuol dire proporre annualmente pagine focali come il Requiem di Verdi. O riportare pagine sacre da tempo assenti.
Da milanese che ha speso decenni in giro nel mondo, Chailly reclama cooperazione fra le istituzioni della città, già pensa di coinvolgere il teatro Strehler e l'Orchestra Verdi, per esempio. Perché quando «le istituzioni non collaborano, non vince nessuno, semmai perdono tutti. Milano non ha ancora attivato questa attitudine».
Chailly e Pereira si conoscono da più di trent'anni. «Ho bisogno di un amico per farmi carico di un lavoro così meraviglioso ma non semplice» ha spiegato Pereira. Che parla della scelta di Chailly come «la più logica.

Ha fatto una carriera fenomenale, ha diretto le più grandi orchestre del mondo, con lui l'Orchestra di Lipsia ha migliorato ancora di più la sua posizione. Poi Chailly da 30 anni ha un contratto con un'etichetta discografica (Decca): cosa importante per portare la Scala sul mercato discografico internazionale».

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