il commento 2 Troppe imposte: il cliente medio delle fiere d'arte rischia di sparire

B ologna è la decana delle fiere d'arte italiane. Va in scena come sempre alla fine di gennaio e misura il polso del mercato. Lontana dai fasti di un tempo, quando si vendeva di tutto, ha dovuto reinventarsi non solo per fronteggiare la crisi ma anche per sovvertire uno schema diventato fin troppo abituale (da una parte il moderno, dall'altra le giovani proposte). Andando dietro al trend del momento, quello di affidare a critici la direzione artistica della mostra mercato, sono stati chiamati Giorgio Verzotti, con lunga esperienza al Castello di Rivoli e al Mart, e Claudio Spadoni del museo di Ravenna. La loro proposta è una fiera più agile, con spazi ampi, concentrata in due padiglioni (uno in meno dell'anno scorso) quindi una rassegna sull'arte italiana alla scoperta di quelle figure che possono ancora rappresentare interessanti forme d'investimento nel rispetto della qualità. A fronteggiare l'ecatombe di gallerie (diverse hanno rinunciato perché la loro economia non permette più impegni economici extra) Bologna si stringe attorno alla fiera con l'iniziativa Art City che coinvolge musei, istituzioni e privati in un programma di alto livello culturale, le cui punte sono rappresentate dalle personali di Bas Jan Ader a Villa delle Rose, Nino Migliori a Palazzo Pepoli e il quarto appuntamento tra arte e scienza a Palazzo Re Enzo. Sempre più la fiera somiglia a un festival ricco di eventi, compresa Set Up la fiera alternativa e giovane allestita all'autostazione, capace di attirare quel pubblico di addetti ai lavori non tutti disposti a comprare ma certo portatori di un clima vivace e attivo. In particolare quest'anno non c'è troppo da spaccare il capello in quattro e mettersi a discutere sulla qualità della proposta. Il primo obiettivo è quello di tornare a vendere, vincendo la paura dei collezionisti inseguiti dal redditometro, ultima geniale pensata della politica che sta facendo di tutto per mettere in ginocchio un mercato che fino a poco tempo fa era in attivo. Girando tra gli stand la fiducia è minima, i galleristi ironizzano sulla vicenda Mps e i collezionisti si muovono circospetti cercando di capire se possono spendere o meno. In genere vanno via le opere molto importanti e di qualità mentre patisce il mercato medio e medio basso (quello dai 5 ai 50mila euro) falcidiato dalla politica scellerata dell'ultimo governo in materia fiscale. In genere c'è meno provocazione e più sostanza. Consigli per gli acquisti: arte italiana degli anni '70, fotografia internazionale, quei maestri non ancora saliti a prezzi stellari.

Da evitare l'arte dei pupazzi, iperrealismo condito da gusto del paradosso, i figliocci di Cattelan, chi fonda la propria poetica su cronaca e gossip. Lunedi sera si faranno i conti: speriamo Bologna resista alla crisi e al pessimismo, ne va della sopravvivenza del sistema arte in Italia.

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