Questo è un Paese che si adatta a tutto e alla fine accetta tutto: classicisti che fanno l'apologia di Stalin come grande statista e modernizzatore dell'Urss non intaccato dall'esistenza dei gulag e dei loro morti; scrittori condannati in via definitiva per omicidio, uno all'estero e l'altro graziato da Scalfaro, che pubblicano i loro romanzi senza problemi - e guai a ricordarne i precedenti; negazionisti e negazioniste dell'olocausto istriano e delle foibe ospiti graditi in tv nel nome del pluralismo; ex terroristi delle Br che presentano le loro verità in luoghi pubblici e istituzionali senza ostacoli se non le proteste dei parenti delle vittime.
Tutti in Italia possono fare e dire e pubblicare e parlare. Ma prova tu a chiedere che qualche assessore alla Cultura appoggi il tuo progetto di ricordare i 40 anni dalla morte di Julius Evola, che ricorrono oggi, e vediamo le reazioni... L'unico che ebbe il coraggio di farlo nel 1998 a Roma fu il compianto Gianni Borgna, comunista, che non ebbe paura e lo finanziò, così come fece a Milano Marzio Tremaglia. Nessuno ha preso esempio dalla sua apertura mentale, purtroppo. Merito di una parolina magica, «fascista», di fronte alla quale non c'è replica che tenga... Parlare di Evola, recensirlo, introdurre i suoi libri sembra essere ritenuto una colpa, qualcosa di sconveniente, che ti fa correre il rischio di finire nel mirino dei commentatori «moderati» ma politicamente più che corretti, o magari dei «centri sociali».
Eppure, questo pensatore, un vero e proprio outsider della cultura italiana del Novecento, si dimostra quanto mai attuale proprio per le sue analisi fuori dal coro, per averle fatte in una prospettiva non limitata al contingente, ma avendo lo sguardo proiettato lontano. Un buon motivo, dunque, per leggerlo e rimeditarlo, tralasciando tutti i luoghi comuni che si sono affastellati sulla sua figura. Facciano qualche esempio, necessariamente stringato, di analisi anticipatrici, uno dei tanti modi per affrontare il suo pensiero dopo otto lustri.
Il tentativo di Evola di andare oltre l'idealismo e di approdare, come ultima conclusione, al pensiero magico (Teoria dell'individuo assoluto, 1927; Fenomenologia dell'individuo assoluto, 1930 - queste e tutte le altre opere citate sono ora riedite dalle Edizioni Mediterranee) non fu velleitario ma aprì una «terza via» filosofica e lo colloca come uno dei maggiori pensatori italiani del Novecento accanto a Croce e Gentile (Franco Volpi).
La magia e l'alchimia, allora e adesso ridicolizzate a causa dei ciarlatani e dei cartomanti, sono state studiate e presentate quali vie realizzative interiori, come ha poi spiegato la psicologia analitica (Introduzione alla magia, 1927-9; La tradizione ermetica, 1931).
Ieri imperversavano le false religioni, le sette, le pseudo dottrine salvifiche, l'occultismo, il satanismo. Oggi è lo tesso. Evola le criticò in Maschera e volto dello spiritualismo contemporaneo (1932) in nome di una e per una difesa dell'Io.
Nella sua opera maggiore, Rivolta contro il mondo moderno (1934), che rientra a pieno diritto nella «letteratura della crisi», descrisse la nascita del «mondo moderno» in contrapposizione al «mondo della Tradizione», svelando le radici della decadenza che ora abbiamo pienamente sotto gli occhi.
La moda del Graal, che ha imperversato per due decenni con libri improbabili e ridicoli, era stata ben più seriamente anticipata da Evola ne Il mistero del Graal (1937) che presenta come allegoria e simbolo della via imperiale.
Tantrismo e Zen, Buddha e Lao-Tze sono diventati popolarissimi con la New Age e la fuga in Oriente di tanti giovani occidentali in cerca della «illuminazione». Una visione ante litteram profondamente consapevole degli aspetti dimenticati di simili dottrine e autori è nei suoi L'uomo come potenza (1926), La dottrina del risveglio (1943), Lo yoga della potenza (1949).
Una critica all'economicismo, alla finanza anonima, alla politica succube dei «poteri forti» è ne Gli uomini e le rovine (1953), mentre un richiamo a quei valori etici e alla necessità di tenere «la schiena dritta» (per usare la frase del presidente Ciampi) di fronte alle tentazioni del potere, a un recupero di dignità e serietà nell'azione pubblica è in Orientamenti (1950) e anche in Cavalcare la tigre (1961). Se la destra politica ne avesse tenuto conto non sarebbe sprofondata anch'essa in tanti scandali.
Se ne Il fascismo (1964) anticipa un revisionismo storico visto da destra, in Metafisica del sesso (1958) rende dignità ad un aspetto della vita che oggi è pervasivo, contraddittorio, banalizzato e degradato in una patologia inquietante.
Naturalmente Julius Evola è stato anche altro, e questi sono soltanto pochi esempi per un lettore interessato a certi aspetti più diretti e contingenti del suo pensiero. Si è occupato di svariati argomenti e su di essi ha scritto. Per questo Evola lo si deve intendere complessivamente e non estrarre alcuni suoi aspetti per osannarlo o condannarlo. Del resto, è quel che si fa nei confronti di tantissimi altri fondamentali autori del Novecento (d'Annunzio, Pound, Marinetti, Mishima, Céline ecc.). Non si capisce perché non lo si dovrebbe fare per Julius Evola.
Per capire il Novecento bisogna leggere Evola, è stato detto. E si potrebbe aggiungere che per capire il mondo del XXI secolo con le sue contraddizioni, il suo cupio dissolvi, il nichilismo, la secolarizzazione, il disincanto, l'abbandono di ogni certezza anche personale, addirittura sessuale, bisogna leggere Evola.
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