Per qualcuno si tratta già di una "nuova rivoluzione a Hollywood", e molte riviste - di moda, non di cinema - non hanno mancato l'occasione di incensare la notizia, come le veline del politicamente corretto impongono. Ma la decisione di affidare a una donna, Lashana Lynch, il ruolo di agente 007 nella prossima pellicola della fortunata saga, "No Time To Die", rischia di tramutarsi in uno dei più grandi flop del cinema.
Nell'intervista rilasciata ad Harper's Bazaar, la 32enne attrice britannica di origini giamaicane ha confessato di essersi dovuta addirittura "cancellare" dai social a causa del malcontento dei fan di James Bond - proprio nella settimana del lutto che ci ha portati via Sean Connery , il primo e preferito tra tutti i Bond - che hanno riversato tutta la loro disapprovazione abbandonandosi a commenti negativi, talvolta sessisti e purtroppo anche razzisti. Commenti che però sembrano sottolineare come madame Broccoli, erede del produttore cinematografico Albert, abbia decisamente fatto il passo più lungo della gamba nell'annunciare al grande pubblico che il fascinoso ex-commando britannico con gli occhi di ghiaccio e una profonda cicatrice immaginato da Ian Fleming per ricoprire il ruolo della spia con la licenza di uccidere, verrà sostituito da un "agente della Cia donna, anche un po' goffa" - secondo le indiscrezioni confermate dalla stessa Lynch.
L'attrice ha tentato di rassicurare se stessa, e gli altri, ripetendosi di essere parte integrante di un momento rivoluzionario. Appoggiato, non dovremmo neanche stare a ripetercelo, dai fanatici del politically correct e dalle paladine del neofemminismo. Ma, secondo gli umori del pubblico meno politicizzato, sembrerebbe trattarsi di una rivoluzione della quale nessuno sentiva veramente il bisogno. "Non volevo sprecare un'opportunità per rappresentare al meglio Nomi. Ho cercato almeno un momento nella sceneggiatura in cui il pubblico afroamericano potesse annuire con la testa, contento di vedere rappresentata la sua vita reale. In ogni progetto di cui faccio parte, indipendentemente dal budget o dal genere, l'esperienza black deve essere autentica al 100 per cento”, ha spiegato l'attrice che si dice fiera di allontanare la "mascolinità tossica" da un personaggio che però è stato pensato dal suo creatore, il burbero Fleming, proprio osservando un affascinante spia amante del menage a trois che giocava al casinò di Lisbona durante la guerra: Dusko Popov.
“Sono molto grata di essere riuscita a sfidare le narrazioni dominanti. Ci stiamo allontanando dalla mascolinità tossica, e questo sta accadendo perché le donne sono aperte ed esigenti, alzano la voce e denunciano comportamenti scorretti non appena li vedono'', ha incalzato la Lynch; dimenticandosi che non è tanto un concetto legato alla narrazione dominante, quanto al concetto di fedeltà da mantenere nel rispetto di una data narrazione. James Bond, l'agente a doppio 0 immaginato da Fleming, è un raffinato gentleman che indossa pigiami di seta, seleziona attentamente le sue scelte enogastronomiche, al pari delle auto che guida e delle donne che ama sedurre. Ama bere Dom Perignon del '53 "servito ad una temperatura rigorosamente inferiore ai 4°"; guidare una Bentley del 1933, e indossare abiti da sera di alta sartoria. Oltre ad essere un agente segreto capace e raramente "goffo". Smettesse di farlo, non sarebbe più James Bond. E forse è questa la chiave di volta che sfugge al dibattito subito scivolato nel becero quanto presunto campo del sessismo.
Nessuno avrebbe avuto da ridire se fosse stata lanciata una nuova saga senza scalzare in qualche modo l'adorato Bond, James Bond. Creare da zero un personaggio: un'agente della CIA che sappia emulare la celeberrima spia olandese Mata Hari, o Krystyna Skarbek, la spia polacca che ispirò tra gli altri anche lo stesso Ian Fleming. Accordandole il carattere risoluto di una reporter di guerra come Marie Colvin, nella verità, o dell'agente della CIA, per niente goffo, interpretato da Annette Bening in "Attacco al Potere" (1998).
Certo una scelta simile non avrebbe potuto cavalcare l'onda lunga della lotta dei sessi che attizza le pasdaran del femminismo che vuole farsi totalitario. Ma una scelta simile, che sottende a degli incassi facili spinti dal marchio e da una critica ben oliata dal plauso dei progessisti che hanno sottomesso ad ogni livello lo star system, rischia invece di covare uno sconvolgete flop al botteghino. Circostanza già verificatasi nella "genderizzazione" di cult movie come il Ghostbusters nella sua declinazione al femminile del 2016, e Ocean's 8, spin-off al femminile della ben più nota triologia dei veri Ocean's. Non crediamo infatti che le indiscrezioni di una pellicola prodotta dalla Broccoli, magari ispirata alla fascinosa spia doppiogiochista della Grande Guerra Mata Hari - magari interpretata da una paladina delle donne combattenti come Gal Gadot (la Wander Woman della Marvel) - avrebbe riscosso delle critiche: anzi; forse proponendo qualcosa di ben ponderato avrebbe addirittura raccolto il plauso della critica e del pubblico.
La produzione hollywoodiana evidentemente ha i suoi nuovi crismi, che suggeriscono, o impongono, i suoi nuovi obblighi. Attenderemo comunque questa pellicola per poterla giudicare con cognizione di causa. Magari stupirci, perché no.
Anche se nella sua attesa - noi appassionati di 007 ne siamo convinti - non devono essere state poche le volte nelle quali Ian Fleming, bisbetico domato che proprio dall’esotica Giamaica scriveva i suoi 007, si sarà rivoltato nella tomba.
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