Modì e la sua musa Anna, amore di carta (e su tela)

Modigliani e la Achmatova ebbero una relazione "pericolosa" nella Parigi del 1911. Non ne parlarono mai, ma la prova è nei versi della poetessa e nei ritratti dell'artista

Modì e la sua musa Anna, amore di carta (e su tela)

Possono poche inebrianti settimane bastare per una vita in terra? A una «strega russa» che s'innamorò di un «principe toscano» fu sufficiente una stagione, un'assolata estate parigina.

Il principe toscano è Modì, Amedeo Modigliani: capelli corvini, occhi dorati, una bellezza «non uguale a nessun'altra», è l'artista maudit che non sopporta vendere le sue opere pur non sapendo come mettere insieme il pranzo con la cena, il galletto cui non sfugge alcuna ragazza carina di Montparnasse nemmeno se è ubriaco fradicio e che quando ha quattro soldi in tasca li regala a chi ha ancor meno. Modì che lavora di notte, che s'innamora dell'arte africana, che dipinge le donne con il collo lungo e inventa una scultura capace di regalargli l'immortalità. La strega è Anna Achmatova, la regina della poesia russa del Novecento. Si conobbero a Parigi, mentre lei era in luna di miele (!) con il poeta Nikolaj Gumilëv, un intellettuale dedito alla poesia acmenista, tutta forma e controllo dello stile, e che nella vita privata non disdegnava viaggi avventurosi e friggeva per gli ideali rivoluzionari (fu fucilato, per questi ultimi). Nikolaj non era abbastanza per l'irrequieta Anna, nata in una dacia sul Mar Nero, dotata, pare, di doti d'incredibile preveggenza e, nei duri anni del regime comunista, perseguitata per quell'ostentata sufficienza nei confronti della dottrina marxista. Questo però avverrà molto dopo la liaison dangereuse tra Anna e Amedeo, ora siamo nella primavera del 1910. Anna è a Parigi con il novello sposo che, per far colpo, decide di portarla nel locale del momento: è La Rotonde , un piccolo caffè di Montparnasse dove trovavi Picasso, Rivera, Trockij, e artisti che si arrabattano alla ricerca del loro posto nel mondo. C'è una bella mostra in corso a Palazzo Blu di Pisa che rende bene l'atmosfera di quegli anni irregolari ( Amedeo Modigliani et ses amis , a cura di Jean Michel Bouhours). È un attimo: Anna - profilo inconfondibile: naso irregolare, frangetta squadrata sui capelli corvini, figura snella e regale - e Amedeo s'incrociano con lo sguardo. Bastano poche battute (ché il marito fiuta l'intesa e cambia locale) per scambiarsi la promessa di rivedersi.

Comincia così la storia d'amore che il giornalista russo Boris Nossik rivela nel suo «romanzo documentario»: s'intitola semplicemente Anna e Amedeo il volume che Odoya manda in stampa il 29 gennaio (pagg. 176, 14 euro), godibile sintesi di doviziose ricerche tra i documenti del tempo e narrazione epica, con quel tono di ironica rassegnazione per gli amori finiti male che solo i russi sanno dosare al punto giusto. Seguiamo Anna e il marito mentre tornano alla loro vita alto-borghese, alle passeggiate sul Mar Nero, ai circoli di lettura, e scopriamo che lei ha intrapreso una corrispondenza epistolare con Modigliani. Intanto, traduce la sua irrequietezza sentimentale in versi: sono i suoi primi successi letterari. Quando il marito parte per l'ennesimo viaggio in Africa, Anna - mossa ardita - fa le valigie per Parigi. È l'estate del 1911. L'attendono tre mesi di vagabondaggi amorosi nei giardini del Lussemburgo: le comode sedie a pagamento dove sostava col marito sono solo un ricordo ora che con Modì se ne sta su normali panchine, lui sdraiato sul ventre di lei, lui ospite fisso, spesso atteso invano, nella borghesissima casa che lei aveva affittato. Sono mesi di notti insonni mentre Modì è in studio a lavorare (o con qualche modella?), di giornate passate in atelier per lui, nella posa della donna-serpente che lei, agile e snodata, riproduce con dovizia. Sono mesi di una felicità destinata a non durare. Finita l'estate, Anna deve tornare in patria, è ancora una donna sposata, e poi Modì ha per la testa solo l'arte, comincia ad accusare vari malanni, beve tanto. L'addio in stazione - finito poi ne Il canto dell'ultimo incontro una delle più celebri poesie di lei - è straziante, con Anna che pretende, supplica qualche promessa e poi scaccia via l'amante. Non si vedranno più, non si scriveranno.

Amedeo le aveva donato sedici disegni e Anna ne conservò solo uno, pudicissimo. Gli altri? Non sappiamo che fine abbiano fatto, certo è - la tesi di Nossik è seducente - che il profilo irregolare di Anna, i capelli corti e neri, il suo corpo affusolato appaiono in moltissime opere di Modì, dal Nudo con gatto alla Donna in nero e poi in tanti schizzi, anche negli anni seguenti. Che il frutto di quell'amore bruciante sia maturato solo dopo, nei disegni di lui e nelle dolenti liriche di lei? Ipotesi suggestiva. I documenti ci dicono che Anna mai ammise il legame amoroso con Amedeo: nel '64, un paio d'anni prima di morire, scrisse un quasi asettico saggio sulla sua figura artistica (Odoya lo allega al volume).

Eppure, tornata a Parigi cinquant'anni dopo i fatti dell'estate del 1911, la matriarca della poesia russa (guai a

chiamarla poetessa: esigeva poeta, al maschile), decise di fare tappa anche a Firenze, la città di cui Modì le aveva tanto parlato. Il principe toscano senza soldi né regno era ancora padrone del suo cuore, e lei lo sapeva.

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