Mozart, Carducci&Co. Amori (stra)ordinari messi nero su bianco

Mozart, Carducci&Co. Amori (stra)ordinari messi nero su bianco

Si scrivono ancora lettere d'amore? E, se si scrivono ancora, magari di 140 caratteri al massimo, magari non alla luce di un mozzicone di candela, ma sotto il neon degli uffici, a tarda ora, quando tutti i colleghi se ne sono andati, sono ancora grondanti timori e tremori, afrori di alcove, cinguettii di fringuelli? Speriamo di... «nì», perché quelle lettere sono il preservativo del rapporto epistolare: mettono al sicuro da molti inconvenienti, però senza è meglio. Lo dimostra un aureo libretto: Lettere d'amore di uomini e donne straordinari (Piano B edizioni, pagg. 198, euro 15) che ovviamente esce oggi, per San Valentino. E da cui emerge che la straordinarietà dei firmatari consiste nella loro normalità, addirittura nella loro banalità.

Con slancio non propriamente curiale, il cardinale Pietro Bembo apostrofa Lucrezia Borgia: «Perciò se fate ciò, perché sentendovi in qualche parte calda vogliate vedere ardere altrui...». Temperatura piuttosto alta, questa volta nella mente tormentata dalla gelosia, è quella di Mozart: «Sono contento se ti diverti, certo, solo vorrei che tu a volte non dessi un'eccessiva confidenza», ammonisce la mogliettina Constanze. Sulla stessa lunghezza d'onda, ma più intorcinato, è Foscolo rivolgendosi alla contessa Antonietta Fagnani Arese: «Forse mi hai tradito, o mediti tradimenti; ma non mi querelerò per non meritarmi, se tu sei innocente, que' rimorsi a' quali io t'abbandono, se tu sei rea». Roba da farle venire l'emicrania per davvero, non come scusa per declinare l'invito erotico. Il leonino Carducci si mostra mansueto e grigio come un gufo noioso: «Vuoi sapere che cosa facessi la sera del 7 alle ore 8 e mezza mentre tu eri indubbiamente in letto leggendo l' Eneide ?», chiede a Carolina Cristofori. «Anche no», avrà pensato la signora. Da Kafka, notoriamente pieno di fisime e di ossessioni, non possiamo aspettarci che si lasci andare. Infatti... «Tu vuoi sempre sapere, Milena, se io ti voglio bene, ma questa è una domanda difficile, non si può rispondere per lettera... La prima volta che ci vediamo te lo dirò sicuramente (se la voce non mi manca)...». Campa cavallo.

Invece Marx, con la moglie Jenny se ne impipa del Capitale e pensa al plusvalore degli affetti: «Ma l'amore non per l'uomo di Feuerbach, non per il metabolismo di Moleschott, non per il proletariato, bensì l'amore per te, fa dell'uomo nuovamente un uomo». E Tolstoj consiglia a Valeria Arsenev: «quando non hai il desiderio di scrivere, scrivi solo le seguenti frasi: oggi, tale giorno e tale mese, non mi sento di scriverti, e spediscimela». Un atto notarile, insomma, un omissis di cui non si comprende il senso. Ma lui era Tolstoj...

E le femmine? Oscillano fra orgoglio e pre(giudizio). L'orgoglio è di Mary Wollstonecraft, la nonna del femminismo. Lasciata da Gilbert Imlay, sbotta: «non pensare che, abbandonata da te, io sia disposta a ricevere da te alcun aiuto in denaro!». Il pre(giudizio) eccessivamente generoso è di Anna Bolena. Nell'ultima lettera inviata a Enrico VIII dalla Torre di Londra prima di salire sul patibolo, abbassa il capo: «io chiedo a Dio che vi perdoni il grande peccato che in tal modo commettete».

Ma il più acuto? Keats. Alla fidanzata Fanny Brawne dice: «Ho conosciuto donne le quali penso desidererebbero veramente di sposarsi con un Poema e di essere abbandonate da un Romanzo». E, aggiungiamo noi, tradire con una Lettera.

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