Il «pescecane» che trasformava il marciume della storia in libri

Il premio Nobel è stato l'onnivoro rifondatore della letteratura tedesca Cantore della violenza della guerra civile, la sua opera ha diviso la critica

Il «pescecane» che trasformava il marciume della storia in libri

«Quest'uomo è un rompiscatole, è un pescecane nello stagno delle sardine, è un solitario selvaggio nella nostra, addomesticata letteratura», così Hans Magnus Enzensberger parla con affettuosa provocazione dell'amico Günter Grass, sodale del «Gruppo 47», quella libera comunità di scrittori e intellettuali che costituitasi nel '47 per 30 anni fu determinante per l'attività letteraria della Germania Occidentale. Ed erano anni faticosi, con un greve sentimento di colpa inespiabile e con un paesaggio di macerie materiali. E ancor più pesanti erano quelle spirituali e morali. Si parlò di un nuovo inizio, dell'Anno Zero della letteratura tedesca.

Grass, lo scrittore nato nel 1927 a Danzica, cui nel 1999 fu conferito il Premio Nobel, non accettò mai questa semplificazione che suonava come una assoluzione. Anzi la sua opera è stata storiografia letteraria. Una storiografia letteraria “privata” nell'accezione più ampia che ha questa parola: storia soggettiva e non pubblica, ma anche storia deprivata di una prospettiva salvifica. Non a caso tutta la vita, tutta la scrittura di Grass sono intrecciate. Non si può separare il suo impegno politico dalla sua scrittura e la sua attività letteraria è innervata da un malinconico e appassionato impegno politico. Un impegno di un uomo del nostro tempo, che è nato in un'epoca tremenda, tragica, in cui è stato difficile prima sopravvivere a guerre, esodi, vendette, e poi vivere tra le rovine esteriori e interiori, con atroci sensi di colpa.

La confessione, ormai celebre in tutto il mondo, della sua militanza nella Divisione corazzata «Frundsberg» delle Waffen-SS, è stata ammessa solo nell'intervista alla Frankfurter Allgemeine Zeitung il 12 agosto 2006, alla vigilia del suo 80° compleanno (e poche settimane prima della pubblicazione della sua autobiografia Sbucciando la cipolla ) ed è probabilmente il filo rosso che percorre tutta la sua opera, perché non si può bagattellizzare un passato nel corpo delle SS, che proprio lui, Günter Grass, in anni precedenti aveva bollato come un'organizzazione di efferati criminali. La “musa” dello scrittore nella modernità non è una sublime dea classica; no, almeno la musa di Grass è quella dell'orrore e del terrore, quella della violenza brutale scatenata dalla storia in una città, Danzica, contesa in una feroce guerra civile tra tedeschi e polacchi. E la guerra civile traversava la stessa identità biologica e culturale dell'autore: il padre tedesco e la madre polacca.

Tutte queste presenze concorrono a una straordinaria contraddizione, con irrisolti e irrisolvibili contrasti che l'individuo nella sua vita riesce appena a intuire. Mentre è quasi sovrumano sperare di superare atavismi radicati nell'anima collettiva. E Grass è consapevole delle lotte intestine che si combattono da secoli sulle rive del Baltico e nella sua anima tanto da affermare: «Annuso volentieri il marciume a cui anch'io appartengo». E questo marciume, questo tanfo stantio è quello spessore provocatorio che pervade insistente tutta la sua scrittura, con quel suo ossessivo apparato metaforico di cipolle, funghi, vermi, gasteropodi, anguille, lingua, vulve, muco, catarro e l'onnipresente prorompente fallofilia. Tanto che Giulio Schiavoni, uno dei maggiori conoscitori dell'autore tedesco, nel suo saggio su Grass. Un tedesco contro l'oblio (Carocci) trova il suo «stile narrativo snervante e non privo di prolissità ed esasperazione».

Un'opera, quella grassiana, che ancora divide lettori e interpreti. Lo stesso Enzensberger ammette che la scrittura di Grass oscilla tra oscurità e manierismo. Dunque una scrittura assai lontana dal neorealismo di un Böll o dalla scarnificazione di Günter Eich per citare altri due esponenti del Gruppo 47; anzi la chiave dello stile neobarocco è quella che meglio funziona per comprendere la lirica e la prima narrativa di Grass, ad esempio la Trilogia di Danzica, composta dal suo romanzo più famoso Tamburo di latta dalla novella Gatto e topo e dall'altro romanzo Anni di cane . È, quella giovanile, una narrativa caratterizzata da una cupa ridondanza, frastagliata da scene potenti e talvolta da una travolgente ironia come quando l'eroe, anzi l'antieroe, il protagonista del primo romanzo, Oskar Matzerath, nascosto sotto la tribuna di una adunata nazista, comincia a battere sul suo tamburo di latta le note del Bel Danubio Blu , trascinando tutti camerati in uno strepitoso valzer, straordinario mezzo di demistificazione della retorica nazista. In Grass tutto si mescola in una imprevedibile sintesi come viene dimostrato anche dal suo teatro, tra cui vale la pena ricordare I plebei provano la rivolta , un dramma sulla rivolta degli operai tedeschi del 17 giugno 1953 in cui Grass mette impietosamente in scena il «Capo» del teatro proletario, ovvero Bert Brecht, tutto rinchiuso nel suo microcosmo. Un dramma, questo, che è anche una resa dei conti tra il socialdemocratico Grass, amico di Willy Brandt, e il comunismo, con Brecht, quale campione dello stalinismo tedesco-orientale.

In Grass sembra potersi trovare di tutto. Nel 1977 scrive un romanzo, Il rombo , che è modestamente la storia dell'umanità dal neolitico ai nostri giorni da un punto di vista femminista, ma il tentativo è così poco convincente che Emma , la rivista delle femministe tedesche, lo attacca con mordace ironia, nominandolo «il pascià del mese». Ma Grass non si ferma di fronte a nulla. Va un anno in India, a Calcutta e scrive un libro, illustrato, sulla fame dell'India. Forse il suo racconto più duro è del 1986, La ratta , un apocalittico libro sulla fine del mondo per autoimplosione, mentre dopo l'unificazione, per anni Grass lavora a un gigantesco romanzo che avrebbe dovuto essere la storia dell'unificazione in chiave assai critica: È una lunga storia . Da tanto un libro non suscitava polemiche così roventi come la storia del vecchio Theodor Wuttke, ostile alla riunificazione. Il “papa” della critica letteraria tedesca, Marcel Reich-Ranicki, ebreo polacco, dunque non certo un nazionalista, in una memorabile copertina dello Spiegel del 21 agosto 1995 viene raffigurato mentre strappa il romanzo e nessuna stroncatura fu più lacerante. Eppure Grass metabolizza elogi e critiche, del resto nel 1999 arriva il Nobel con la dichiarazione che la sua opera ha «disegnato in colori vivaci e neri il viso dimenticato della storia». E l'ultimo Grass vive sempre più attentamente la sua attività letteraria come testimonianza, ripercorrendo in diversi racconti l'ardua conflittualità tra tedeschi e polacchi, raffigurando nel Passo del Gambero un atroce episodio dell'esodo dei tedeschi dalla Prussia.

Ma il segreto del grande vecchio della letteratura tedesca sembra essere nella continua attività: nel 2010 scrive un intrigante saggio su Le Parole dei Grimm . E poi una lirica su Israele e l'Iran, una poesia senza valore letterario, ma un segnale forte che questo uomo voleva ancora dare all'opinione pubblica e che sta a significare ancora una volta tutta la grandiosa complessità di Grass, l'ultimo grande tedesco del secolo scorso, che si è spento in una clinica di Lubecca, città in cui sorge un museo in suo onore e nei cui dintorni risiedeva da anni.

Grass si considerava un sopravvissuto del famoso «Gruppo 47» e di quella elettrizzante atmosfera

letteraria e politica. Oggi la letteratura tedesca della Germania riunificata si sta orientando sia artisticamente sia politicamente verso altri orizzonti con una sensibilità che non si riconosce più nel grande “pescecane”.

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