Più Caravaggio per tutti Ecco cento disegni inediti

Due ricercatori annunciano: "Abbiamo trovato gli schizzi giovanili dell’artista". Ormai è una moda. E mentre il web impazzisce, le perplessità aumentano

Più Caravaggio per tutti  Ecco cento disegni inediti

Un centinaio di disegni giovanili del Caravaggio sarebbero emersi dalle ricerche di due studiosi, Maurizio Bernardelli Curuz e Adriana Conconi Fedrigolli. La scoperta potrebbe riscrivere una pagina importante della storia dell’arte, perché a oggi non possediamo nemmeno un disegno certo del pittore lombardo, e gli storici dell’arte sostengono anzi che neppure per i suoi dipinti egli utilizzasse schizzi o disegni preparatori, corroborati in questa tesi da una fonte antica, il tedesco Joachim Von Sandrart, che nel 1679 scriveva: «Caravaggio teneva l’oggetto da dipingere esposto tanto a lungo ai propri occhi, fino a raggiungere col colore la verità». Col colore, ossia senza bisogno di una traccia disegnativa sulla tela.
Ora però i due ricercatori, dopo un biennio di sondaggi nelle chiese milanesi e nelle collezioni civiche di disegni del Castello Sforzesco, hanno estrapolato un gruppo di opere che, per analogie posturali con i grandi quadri della maturità, hanno attribuito alla mano del Caravaggio. «Si tratta di un’autentica rivoluzione del sistema-Merisi», affermano annunciando la pubblicazione delle opere in due e-book disponibili da oggi.

In realtà Bernardelli Curuz e la Conconi Fedrigolli evidenziano somiglianze fisiognomiche già note, come quelle tra i visi dei personaggi di un grande telero nella chiesa milanese di San Barnaba, opera del maestro del Caravaggio, Simone Peterzano, e alcuni volti effigiati nelle opere successive alla fuga da Roma, dopo aver ucciso in duello Ranuccio Tomassoni. Scandagliando poi il copioso fondo di disegni del Peterzano hanno rilevato altre (e questa volta inedite) analogie, come quella tra una testa di soldato e il miles accecato da un fulmine a ciel sereno nella prima versione della Conversione di Saulo, quella della Collezione Odescalchi. I confronti proposti possono però trarre in inganno: con l’uso di fotoshop, i disegni del Castello sono stati «ambientati» e ricollocati all’interno di sfondi analoghi a quelli dei quadri del Merisi, e in questo modo l’effetto-somiglianza viene decuplicato.

Questo non vuol dire che non vi siano dei punti di contatto: ma si tratta di assonanze non diverse da quella già pubblicata tra un affresco del Peterzano alla Certosa di Garignano e il Bacchino malato. Con un nota bene: dopo essere stato costretto all’esilio e aver ricevuto la condanna a morte in contumacia, Caravaggio si è mosso dai feudi Colonna a Napoli, da Malta alla Sicilia. Continuando a lavorare e non potendo più dipingere, per questioni di tempo, con modelli dal vero. È in quel contesto che probabilmente riemerge, grazie alla grande memoria visiva che lo ha sempre accompagnato, il ricordo di repertori disegnativi visti in gioventù, esattamente come molti dei suoi capolavori romani riportano la ripresa puntuale di posture appartenenti a pittori della tarda maniera, o addirittura della statuaria antica.
È allora forse presto per dire che possediamo da ieri cento disegni del Caravaggio. Certo, se i disegni si rivelassero autografi, Milano avrebbe scoperto un gran «tesoretto»: se ne può stimare il valore totale in circa 700 milioni di euro. Ma va ricordato che l’alunnato di Caravaggio col Peterzano riguarda gli anni in cui il pittore era poco più di un bambino. I due potrebbero aver collaborato in seguito, con il passaggio di Michelangelo nella bottega del suo maestro, ma di questa partnership non abbiamo traccia nelle carte.

Il Fondo Peterzano è stato studiato da autorevoli esperti del Caravaggio, a partire da Maurizio Calvesi. Il quale ne ha anzi tratto recentemente alcuni fogli per supportare l’attribuzione allo stesso Peterzano della Flagellazione di santa Prassede a Roma. E pure Mina Gregori, ultima allieva diretta di Roberto Longhi, ha una conoscenza approfondita del corpus di disegni del bergamasco. Ma non si è mai spinta a dire che tra di essi si potevano rintracciare le prove d’esordio del Merisi.

Maurizio Bernardelli Curuz e Adriana Conconi Fedrigolli rimarcano che (anche questa non è una novità): «La madre di Caravaggio, Lucia Aratori, aveva speso una fortuna per pagargli la salata retta di allievo per quattro anni nella bottega di Simone Peterzano.

Impossibile che non avesse voluto vedere i risultati, che non ci fossero i disegni». Peccato che la retta si riferisse a quando Michelangelo aveva otto anni: genio va bene, ma considerarlo capace già di eguagliare gli esiti della sua difficoltosa e lenta maturazione è un po’ troppo.

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