L e autorità cinesi sono in imbarazzo con l'opera di Lu Xun. Si trovano costrette a rimuovere alcuni suoi scritti dai testi scolastici. Pare strano, dato che Lu Xun (1881-1936) è considerato il fondatore della lingua cinese moderna. Sarebbe come se il nostro ministero dell'istruzione decidesse di censurare l'Alessandro Manzoni che, sciacquando i panni in Arno, diede all'Italia una lingua letteraria nazionale dopo l'Unità. Lo scrittore cinese aveva però un qualcosa che poco si armonizza con il nuovo corso deciso dal Partito comunista ancor vivo e vegeto dietro la Grande Muraglia. Se potessimo usare con disinvoltura definizioni occidentali per la cultura orientale, diremmo che Lu Xun era una specie di anarchico invidividualista, di antitradizionalista, di iconoclasta. I suoi racconti non risparmiano vizi atavici del suo paese, demoliscono tradizioni ormai irrigidite e sclerotizzate. Era un rivoluzionario non solo nello stile di scrittura, ma anche in politica. Fin troppo rivoluzionario, anche per i gusti dei comunisti suoi contemporanei. Solo dopo la morte venne esaltato dal Grande Timoniere Mao, soprattutto negli anni della Rivoluzione culturale: una figura così corrosiva era perfetta per invitare i giovani a far piazza pulita del passato, ad abbattere le vecchie oligarchie.
Oggi la situazione è diversa: la Cina si regge sul capitalismo di Stato e riscopre le vecchie tradizioni confuciane (rispetto per l'autorità e per gli anziani, in primis) allo scopo di tener buona la popolazione. Non a caso i giovani di piazza Tienanmen nel 1989 gridavano e scrivevano slogan tratti dalle opere di Lu Xun. Ora si spiega perché nelle scuole cinesi si censura una delle più fulgide glorie nazionali nel campo delle lettere. Noi in Italia, invece, abbiamo da poco la possibilità di accostarci alla sua narrativa con due pubblicazioni: La vera storia di Ah Q e altri racconti (SE edizioni, pagg. 207, euro 21, nella storica traduzione di Luciano Bianciardi) e Fuga sulla luna e altre antiche storie rinarrate (ObarraO edizioni, pagg. 215, euro 16, tradotto e curato da Ivan Franceschini).
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