Se cercate qualcosa di radicalmente diverso nell'ambito della narrativa italiana, il nuovo romanzo di Pietrangelo Buttafuoco, Il dolore pazzo dell'amore (Bompiani), fa per voi. In realtà è un memoir intessuto di cunti siciliani, cioè di brevi racconti orali che mettono in scena le grandi passioni e i grandi momenti della vita: l'amore, il dolore, la morte, la guerra, la preghiera. Nelle pagine di Buttafuoco si respira un'aria antica, la stessa che rende tuttora inarrivabili alcuni capolavori del nostro passato: il cosiddetto Novellino o i Fioretti di San Francesco. Roba probabilmente ritenuta polverosa dagli scrittori moderni, postmoderni, post postmoderni, post tutto. Peccato siano le tavole della legge dell'arte del racconto nella lingua italiana. Buttafuoco dunque è lontano mille miglia dal romanzo contemporaneo ma non dalla contemporaneità. Sulla quale, però, ha una visione opposta rispetto al luogo comune. Al materialismo preferisce l'illuminazione religiosa, la conversione mistica, in cui l'islam, lungi dall'essere il nemico dell'Europa, gioca un ruolo fondamentale. Alla retorica anti-italiana risponde con una fantastica ricostruzione della battaglia di Giarabub, rivissuta in una magica notte di naja in cui la caserma sembra diventare deserto. Per venire alla sua terra, all'antimafia di bandiera, tutta parole reboanti e pentiti discutibili, contrappone l'antimafia di sostanza, ove la sostanza è tutta umana, e si risolve in un impossibile intreccio di storie personali per cui due amici possono trovarsi su fronti contrapposti, restando in drammatico equilibrio tra fedeltà a se stessi, fedeltà allo Stato, fedeltà alle cosche. Fino alla tragica, inevitabile resa dei conti. Ma non c'è solo la Storia con la maiuscola. Anzi la Storia fa parte di un catalogo di fatti, uomini, donne, luoghi che hanno cambiato, con l'amore ma anche col dolore, lo scrittore. Così qualcuno, io ad esempio, troverà irresistibili i racconti all'apparenza minimi: la leggenda dello Scravacchio (lo Scarafaggio) che una volta schiacciato torna di notte a vendicarsi mentre dormiamo; la nonna Maria Venera che mette in castigo i santi girando il santino verso il muro; il musicante Mario che si trova a far la serenata a una promessa sposa infedele; l'irriverente, ma toccante, resoconto del terremoto del Belice e delle sue conseguenze non sempre negative; i riti funebri in cui «il vivo accompagna il morto e lo commemora coi ricordi». L'amore commercia sempre col dolore, ed entrambi sono al servizio della nostalgia.
Perché, suggerisce Buttafuoco, siamo quello che siamo stati: «Spunta sempre la certezza che in una parte ormai lontana debba esserci il mondo di ieri; ed è così vivo da sentirselo vivere dentro, come ad averlo in tasca ma non poterlo mostrare neppure a noi stessi, perché quella tasca è cucita. Ed è questa consapevolezza di sentire e non avere a fare pazzo di dolore tutto l'amore di cui è fatto quel mondo».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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