Il timido commissario G.7 è quasi meglio di Maigret

Adelphi porta in libreria tre avventure inedite dell'«altro» detective inventato da Georges Simenon. Ha uno stile elegante e tutto suo (anche senza pipa)

Il timido commissario G.7 è quasi meglio di Maigret

Trentenne, alto, ben piantato, il volto cosparso di lentiggini, occhi chiari, labbra carnose. A volte assume «l'aria di uno scolaretto pudico che finge di non vedere niente», ma nel complesso appare come un «giovanotto di buona famiglia». «Mi è capitato di vedergli condurre un interrogatorio: ci mancava poco che si mettesse a balbettare. Nessuna ostentazione. Nessuna spavalderia. Semmai un certo imbarazzo, come se si sentisse fuori posto». «All'inizio sei tentato di prenderlo per un idiota».

No, Georges Simenon non sta qui descrivendo Philippe Lauer, il nipote pasticcione (e collega) del Commissario cacciatosi nei guai in Maigret in pensione . Ci sta al contrario presentando qualcuno che Maigret avrebbe potuto pensionarlo davvero, e prima del tempo, poiché gli frullò in testa quasi contemporaneamente al mitico Jules Amédée François, fra il 1930 e il '31. Non ha un nome e un cognome, si chiama G.7. Il Narratore delle sue indagini lo incontra la prima volta a Parigi, in circostanze rocambolesche, su un taxi rosso della compagnia G.7, e siccome i suoi capelli sono rossi... I più assidui fra i simenoniani lo ricorderanno in La pazza di Itteville , proposto da Adelphi nel 2008 con prefazione della simenonologa Ena Marchi. E da oggi lo possono ritrovare in tre racconti, inediti da noi, riuniti in Tre inchieste dell'ispettore G.7 (pagg. 158, euro 10, traduzione di Marina Di Leo).

I personaggi chiave, a parte G.7 e il Narratore suo amico, confidente e collaboratore, sono tre uomini di estrazione, costumi e aspetto diversissimi tra loro. In Le Grand Langoustier , ambientato sull'isola francese di Porquerolles, in Provenza, dove si indaga sulla sparizione di tre donne, il signor Henry è una specie di incrocio fra il ricco eccentrico, l'orco e l'eremita: nella sua dimora a pochi metri dalla gente che si crogiola al sole in spiaggia, lui beve, mangia e tromba dal mattino alla sera. Dimenticando però una vecchia e non gradita conoscenza... In La notte dei sette minuti siamo ad Asnières, poco sopra Parigi, e la morte di Ivan Nikolaevic Morozov, un esule russo ridotto in miseria, ex generale dell'esercito zarista, è un classico “mistero della camera chiusa”. Ma quando sulla scena, grazie a un investigatore privato chiamato in causa dal compare di G.7, si manifesta la bella figlia della vittima, la verità comincia a prender forma. E G.7 a... prender moglie, dato che se ne innamora perdutamente. Infine in L'enigma della «Marie Galante» , ambientato a Fécamp, la cittadina affacciata sulla Manica, tutto ruota intorno alla squallida figura dell'armatore Morineau, tanto avaro quanto disonesto, autore di un piano diabolico e, ironia della sua sorte, costoso. Ben 25mila franchi dovrà infatti sborsare al brillante G.7, il quale inaugura la sua seconda carriera con un successo. Perché l'abbiamo chiamata “seconda carriera”? Perché dopo il caso della Notte dei sette minuti , e il conseguente legame con la fascinosa figlia di Morozov, il Nostro ha lasciato la polizia e il Quai des Orfèvres per mettersi in proprio.

Ma chi è il Narratore che ci racconta le avventure del rosso G.7? Nientemeno che Simenon in persona, il quale parla (senza parlare di sé) e scrive alla maniera di un dottor Watson, la fedele ombra di Sherlock Holmes. L'unico a saperlo davvero è proprio G,7. Quando, al termine di Le Grand Langoustier , il Narratore-Autore ne elogia le deduzioni, l'altro gli ribatte: «Romanziere fino a questo punto?...

Nessuna deduzione, né niente di simile... Ho visto delle persone... Le ho annusate... Mi sono ricordato di un altro caso... E soprattutto mi sono ricordato la storia di quasi tutti i criminali...». Parole sante, andrebbero bene anche in bocca a Maigret.

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