È un po' inevitabile leggere questo ultimo romanzo di Sebastiano Vassalli, lo scrittore scomparso da neppure due mesi, (Io, Partenope , Rizzoli, pagg. 282, euro 19) come un suo testamento, un bilancio della sua attività, che l'autore stesso propone nelle ultime righe del libro, quando afferma orgogliosamente di aver raccontato l'Italia. Questo conferma la strenua volontà etica dell'attività di Vassalli, la sua ambizione di inserirsi nel solco maestro del romanzo storico di ascendenza manzoniana, che vede nelle trame del passato i segni premonitori del presente.
La sua Italia è vista dalla parte delle radici. Nella Chimera aveva scelto di rappresentare il Ducato di Milano, e poi via via negli altri suoi libri Venezia, Firenze, la Sicilia della mafia: e qui la Napoli barocca e la Roma dei Papi. Un paese diviso e difficile, senza forti spinte identitarie, viene descritto nei suoi centri più emblematici, attraverso spiriti nutriti di libertà, di non conformismo, di eresia. Napoli qui viene colta in alcune sue dimensioni eterne: città che ti ferisce e poi ti medica, città che coltiva ciò che la minaccia di distruzione dentro di sé, il Vesuvio e il colera, città affettuosa, musicale, allegra ma sempre con una zona d'ombra inquieta e piena di una inqualificabile malinconia. Ma viene anche colta nelle sue origini mitiche: città dalla natura femminile, viene fondata nel luogo dove affiorò dal mare la Sirena Partenope, bellissima incantatrice come tutte le Sirene.
La sua eredità vive nelle viscere di Napoli anche quando diventa la «città nuova». E in qualche modo è sua erede anche la protagonista del libro, Giulia Di Marco, che proprio come suor Partenope sarà conosciuta. È sua la voce narrante del libro. Ma racconta con un distacco quasi saggistico, senza indulgere a nessun espressionismo, a nessun colore dialettale. Vassalli, per bocca sua, racconta come se stesse raccogliendo in un verbale una confessione. Restituendo alla invenzione romanzesca la peculiarità di mettere in contatto esseri vissuti in epoche differenti, e dai differenti linguaggi.
Suor Partenope vive esperienze straordinarie. Nata in una famiglia poverissima nel Molise, venduta dalla madre a un mastro Leonardo che ne fa la sua aiutante e sposa bambina, arriva poi da Campobasso a Napoli e lì, dopo un incontro con un mistico, fra Domenico, che appare da un bosco e predica la sua visione di Dio come amore, intelligenza e vita, incomincia man mano ad avere delle visioni che la mettono in contatto diretto con Dio, anima e corpo, sino ad arrivare all'estasi. Da povera «bizzoca», terziaria francescana, diventa madre e maestra di seguaci sempre più numerosi, quasi a fondare una propria chiesa parallela, con tanto di apostoli. L'alta società napoletana si mostra interessata a lei e alla sua versione estatica della preghiera. Ma il Sant'Offizio, nella persona del commissario Deodato Gentile, non si lascia scappare la preda. Suor Partenope affronta così la prigionia a Roma, la tortura, gli interrogatori, sino alla vergogna dell'abiura, l'unico modo per evitare il rogo. Salvata ancora una volta dalla benevolenza di un esponente della più alta nobiltà napoletana, come se la sua città non si fosse dimenticata di lei, nell'ultima lunga parte della sua vita non ha più scosse né disavventure, tanto che il suo racconto si impernia ora sulle vicende da cortigiana di Costanza Bonarello, la figlia del cocchiere di casa Carafa, sor Muccio, e sulla figura del grande Gian Lorenzo Bernini, che in quegli anni stava definendo la fisionomia architettonica della Roma papale, e scolpiva quella statua celeberrima, L'estasi di Santa Teresa , che riserva alla protagonista del romanzo la sua ultima, rivelatrice sorpresa. La Roma dei Papi, corrotta, contraddittoria, traversata da un lercio fiume dei morti, abitata da preti e puttane, viene vista senza possibilità di redenzione.
Nel Congedo , l'accenno al Papa attuale lascia affiorare un laicismo all'antica, un po' caricaturale.
Ma Vassalli è stato così, uomo dal carattere e dalla penna brusca, come lo leggevo, non sempre condividendolo, ma sempre con interesse, nei suoi interventi sul Corriere . Se questo libro è il suo testamento, bisogna dire che lascia non poco: la fede nella possibilità della letteratura di raccontare ancora il mondo e le storie nella loro complessità, nel loro buio e nel loro splendore.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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