Dalle barricate agli applausi al Pdl: gli ex irriducibili che flirtano a destra

da Milano

Come era quello slogan, «Io credo»? Ecco, il loro invece potrebbe essere «Io mi ricredo». Hanno capito tutto all’improvviso, un’illuminazione, un attimo per vederci finalmente chiaro. Tra il prima e il dopo, giusto un piccolo dettaglio: la disfatta del centrosinistra. E ora i vip che volavano in Africa con Veltroni quando era sindaco, che cantavano per lui nelle piazze di Roma, che facevano a gara per accreditarsi alla corte dell’Ulivo quando era al governo, hanno scoperto che in fondo questo Pdl, a pensarci bene, non è poi male. Prendete uno come Claudio Amendola, una passione per la sinistra radicale e gli yacht di 25 metri. Quando Bertinotti non era ancora un disoccupato di lusso si era affrettato a confessare di non aver mai votato Pds o Ds, ma «sempre Democrazia proletaria e Rifondazione». Massima ammirazione però per Walter Veltroni, si capisce, e non perché fosse sindaco di Roma e king maker della Festa del cinema. Un genio anche come scrittore, tanto da metterci la faccia e leggere in diretta su Radiotre dei brani da un romanzo veltroniano. Ma adesso che al Campidoglio c’è Gianni Alemanno, Amendola si è scoperto più nazionalista che marxista, più moderato che veltroniano, e ha trovato il coraggio per cantarle a Veltroni. La sua Festa del cinema? «È un appuntamento folkloristico, per me è come La corazzata Potemkin... », ovvero una c... pazzesca. Proprio ora, con Alemanno che vuole più attori italiani e meno star hollywodiane alla prossima Festa? Pura coincidenza.
Ma la virata di Antonello Venditti è da vero fuoriclasse, da skipper della America’s cup. Veltroni? Nel 2006 era «il miglior sindaco che Roma abbia mai avuto», «un simbolo della dedizione ai cittadini». Neanche una settimana e la Roma di Alemanno comincia già a piacergli. Ha votato Rutelli, ma ora scopre che era «un’esperienza già vissuta», che «la gente voleva cambiare pagina». Il nuovo sindaco? «Da ministro era più a sinistra di molta sinistra, gli porto rispetto e gli rendo onore. È il sindaco di tutti i romani, anche il mio», dice al Secolo d’Italia, quotidiano di An. Quello che non approva è «l’estetica del centrosinistra» e quei suoi colleghi «che non si sono risparmiati di salire su un palco elettorale». Ma chi c’era sul palco in piazza del Plebiscito a Napoli, il 9 aprile scorso, dopo il comizio elettorale di Veltroni? Lui.
E Mario Capanna? In quarant’anni non ne ha azzeccata una, e allora si è specializzato in profezie del giorno dopo. Così dopo la Caporetto del Pd ha intuito dove tirava il vento e si è buttato: «Alemanno? Non sarebbe male come sindaco, la sua lotta contro gli Ogm vale più della vecchia dicotomia destra e sinistra». Un ex sessantottino che loda un ex missino? Ma non dategli del voltagabbana, come fa Marco Rizzo del Pdci («spero gli diano un calcio nel c.... Chi tradisce una volta tradisce ancora»). È che l’amore per il carciofo biologico vale di più di queste dicotomie.
Lui in fondo non c’era tra i vip in piazza del Popolo per l’ultimo comizio di Veltroni prima del voto, quello dove pronunciò la storica profezia: «Lunedì il Pdl non esisterà più». C’era invece il regista Paolo Virzì, veltroniano convinto. Eppure anche Virzì ora ha scoperto nuovi orizzonti, vede la politica italiana sotto una nuova luce. Non potendo però scaricare Veltroni, se la prende con Bertinotti, tanto ormai non costa nulla. «I proletari, qualora esistano ancora, votano Lega. Loro non cercano manifesti identitari, vogliono risposte. Bertinotti proprio non le sa dare», ha confessato una settimana dopo le elezioni. E Berlusconi, da premier in pectore, ha assunto per lui addirittura contorni mitologici: «Sento che ha a che fare con le radici ancestrali di questo Paese. La stessa passione che lega gli italiani a Padre Pio». Ci mancherebbe solo un ex estremista di sinistra che dopo il successo elettorale rivaluti il Cavaliere. Tranquilli, c’è.

Franco Berardi, il Bifo di Potere operaio nel ’77, altro profeta sfortunato, prevede che il governo Berlusconi «per i salariati sarà migliore del governo Prodi, meno subalterno a Confindustria e alla Banca europea». Ma se lo dice lui, i salariati già cominciano a preoccuparsi.

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