Decennale degli attentati, il giorno dopo... L’11/9 ridotto a cerimonia: film senza emozioni

È la tragedia che ha cambiato la storia. Ma rievocata appare fredda e distante. Tanto che i programmi speciali in tv segnano share deludenti.  Le Torri gemelle sono un passato "archiviato". La paura ora è nel futuro

Decennale degli attentati, il giorno dopo... 
L’11/9 ridotto a cerimonia: film senza emozioni

Il 12 settembre, 24 ore dopo la chiusura delle celebrazioni, era già tutto passato. Giornalisticamente archiviato ed emotivamente indebolito. Ma anche lo stesso giorno 11 - il giorno che ha cambiato il mondo e la Storia - le rievocazioni della Tragedia, viste da lontano, sono sembrate fredde, tenui. Distanti molto più dei dieci anni che ci separano dal dramma. A fronte di celebrazioni imponenti, un’emozione limitata.

E se l’11 settembre avesse sfiancato la nostra capacità di commuoverci, di appassionarci? Di impressionarci persino, ormai glacialmente abituati a quelle immagini che nel 2001 ci apparivano apocalittiche e oggi, consumate da un decennio di «messa in onda», ci sembrano - per quanto sia orribile pensarlo - cinematografiche?
Certo, per l’America intera, e non solo per i parenti delle vittime, quel giorno era e rimane sacro. È la giornata del dolore. Ma gli americani vivevano e sono morti sotto le Torri, e oggi rinascono e vivono all’ombra della loro memoria. L’America non è ancora uscita dalle Twin Towers. Ma l’altra parte del mondo, quella che non ci è mai davvero entrata?

L’altra parte del mondo sembra distante da Ground Zero. Infastidita? Distratta?
Forse semplicemente lontana, poco coinvolta da un «problema» in qualche modo distante, da un «caso» - dopo una guerra fatta e l’uccisione di Osama Bin Laden portata a termine - ormai «risolto». L’orrore è stato vendicato, la nèmesi compiuta. Ora c’è dell’altro di cui occuparsi. La crisi, la «scelta», è un’altra. L’attenzione, e le emozioni, si sono spostate dal World Trade Center a Wall Street. Istinto di sopravvivenza. Dall’11 settembre al settembre ’11 tutto è mutato.

La televisione, si dice, è lo specchio del mondo e il riflesso dei nostri desideri. Schiacciando un tasto selezioniamo ciò che vogliamo, quello che sentiamo affine, le cose che toccano i nostri interessi e le nostre emozioni. E se così è, le immagini sull’11 settembre, e l’immagine dell’11 settembre, domenica ne sono uscite offuscate. Lo share, sorta di terrore massmediatico per la democrazia della visione, ha abbattuto di nuovo le Torri. Gli «speciali» dedicati all’11 settembre si sono diluiti nell’ordinario. Anche bellissimi, sono stati visti, e “vissuti”, da pochi. Su Canale 5, in seconda serata, lo speciale Mi ricordo ha contato 1.019.000 telespettatori (share dell’11%). Su Italia 1 Live-Dieci anni dopo ha toccato 1.051.000 spettatori (6,1%). Su Retequattro il film United 93 di Paul Greengrass sul cosiddetto «quarto aereo» ha raccolto in seconda serata uno share dell’8.60%, Speciale Tg1 l’inchiesta è stato visto da 928mila persone (7%), mentre la puntata speciale di In Onda su La7 ha ottenuto il 3,5% di share (791mila contatti). E si può presumere che una parte degli spettatori serali rientri nello stesso pubblico che ha seguito nel pomeriggio sulla Rai la lunga diretta del Tg1 da New York, che ha registrato il 13% di share, con un milione 645mila spettatori. Una tragica conta.

Forse è vero ciò che insegnano i teorici della comunicazione, che anche le immagine più impressionanti, viste e riviste, come l’abbattimento delle Torri, finiscono col perdere la loro forza morale e la capacità di sconvolgerci. Forse è vero ciò che suggerisce l’autore di American Ground William Langewiesche, che bisogna fermare questo processo di uso del ricordo dell’11 settembre, tra spettacolarizzazione mediatica e strumentalizzazione politica.
E forse è vero ciò che la fruizione televisiva della memoria delle Torri Gemelle ci suggerisce, impietosamente.

Che quell’evento appartiene sì alla nostra Storia, ma è uscito dalle nostre vite. Il dolore pubblico superato dall’assuefazione privata. E chi finora ha pianto a occhi bassi il passato, adesso li alza a guardare il futuro.

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