Delitto di Muggiò, i vicini: «Mai sentiti litigare»

Gli ex colleghi: «Era un gran lavoratore, sempre puntuale e con noi mai diverbi»

«Non meritava di finire così. Nessuno deve morire così, e poi lei era una brava ragazza, una mamma premurosa». Giovanna, la vicina di casa a Muggiò, dove vivevano Luigi Gennaro e la sua Dalia Anabel, è sconvolta. Sta uscendo dal negozio del panettiere ed è visibilmente commossa. Ma l’incredulità e il pensiero di quel bambino di 4 anni senza più genitori, e per questo finito in comunità, è il pensiero dominante dei vicini della coppia.
«Cosa mi dite? Siete sicuri? Mi sembra impossibile - mormora la signora Enza - Li vedevo spesso. Sembravano una coppia normale, due persone tranquille. Da poche settimane ho saputo che avevano preso la decisione di trasferirsi ad Usmate Velate. Forse cercavano una zona più tranquilla, una casa ampia per ricavare la cameretta per il loro bambino. Un bimbo bellissimo, un visino dolce, un faccino simpatico».
Il caso è chiuso, ma qui la gente che conosceva la coppia non sì da pace, gli inquilini della palazzina di via Fermi, 4 sono sconvolti. Alcuni erano molto legati alla famiglia. «E Luigi in particolare – aggiunge Mario – mi è sempre sembrato un tipo a posto. Non li ho mai sentiti urlare, litigare. Mai una volta qui si sono presentati i carabinieri, anche solo per un semplice controllo. Si volevano bene. Luigi deve aver proprio perso la testa. In ogni modo non ha mai fatto trasparire quella sua spasmodica gelosia. Eppure, l’ha uccisa in modo raccapricciante. Poi quell’acido, il tentativo di fare sparire il corpo, la messinscena della denuncia per scomparsa. Pazzesco. Non riesco ancora a capire cosa gli sia passato per la testa. Mi sembra un incubo. Stanotte faro fatica a prendere sonno. Statene certi. Anche mia moglie è ancora confusa da quello che abbiamo sentito alla televisione».
Gli autisti dei pullman di Monza, i vecchi compagni di lavoro del napoletano preferiscono non azzardare giudizi. «Quando lavorava con noi – sussurrano a mezza voce - si è sempre comportato bene. Con lui non abbiamo mai avuto un diverbio. In servizio si presentava sempre puntuale. Poi ha deciso di cambiare mestiere e nessuno di noi ha mai capito il vero motivo».
A Usmate Velate, dove si è consumata la tragedia, nessuno invece ha mai avuto a che fare con Luigi e Dalia. «Lui veniva a lavorare per sistemare l’appartamento – racconta un uomo che preferisce restare nell’anonimato - e ogni tanto si vedeva anche la povera donna. Quando arrivavano insieme stavano qui al massimo un’ora. Sicuramente Luigi voleva sentire i consigli della sua donna. Cosa ne pensasse dei lavori della ristrutturazione».
In particolare venerdì intorno alle 12, il momento del brutale omicidio nessuno ha sentito urla, richieste di soccorso.

«Abitiamo di fronte a quel cortile di via Cottolengo, eppure – aggiunge una giovane – non ci siamo resi conto del dramma che ha spezzato la vita di una donna di soli 38 anni. Tremendo. Nella nostra cittadina non è mai accaduto nulla di così terribile».

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